Tahar Ben Jelloun è uno scrittore marocchino o meglio berbero (una differenza esiste) che vive in Francia ed è noto per essere il più famoso romanziere di lingua francese, ma anche per i suoi interventi importanti e schietti sull'Islam. Lo ha fatto, pubblicato anche da "La Repubblica", sugli avvenimenti recenti in Afghanistan, ma seguendo il filo di un pensiero più volte espresso. Così scrive quando io stesso, nel mio piccolo e anche pensando all'importante comunità islamica in Valle d'Aosta, mi chiedo: «Un silenzio assordante dei paesi musulmani ha accolto la vittoria dei talebani in Afghanistan. Indifferenza o semplice passività, o piuttosto una vecchia abitudine a non dire nulla, a non fare nulla quando l'Islam viene usato per un compito indegno dei suoi valori?».
Il quadro internazionale tracciato illumina: «Il Qatar, che ha aiutato discretamente i talebani, si comporta come se non avesse nulla a che fare con loro. Non una parola. Né l'Arabia Saudita ha fatto alcun commento. Eppure c'è molto da dire sul modo in cui l'Islam viene deviato per diventare bandiera e ideologia del terrorismo talebano. Perché i popoli musulmani di tutto il mondo non reagiscono a questa orribile deviazione della loro religione da parte di delinquenti e barbari? Perché un'istituzione come Al Azhar, al Cairo, non si esprime con fermezza e senza ambiguità contro queste bande di distruttori dell'Islam? Perché assistiamo quotidianamente al trionfo dell'orrore in Afghanistan come in alcuni Paesi africani, senza muoverci, senza gridare, senza manifestare nelle strade il rifiuto assoluto di questa barbarie arrogante e trionfante?» Già, perché? In Occidente vien da dire perché in troppi casi, anche da noi, le comunità di religione islamica non si sono integrate e vivono in una logica di separatezza. Conosco molte eccezioni, ma queste non fanno la regola. E' giusto conservare la propria identità e le proprie tradizioni, ma non si può non rimarcare il rischio di chiusura e i troppi silenzi, talvolta a rischio accondiscendenza, ben espressi da Tahar Ben Jelloun, che attacca più avanti: «Da molto tempo l'Islam è usato da dei criminali come ideologia e bandiera di un nuovo ordine, quello della sottomissione e della schiavitù dei bambini e delle donne. Inutile ricordare che niente di tutto questo esiste nell'Islam, ma si lascia aperta la porta alla possibilità che la gente creda che l'Islam sia questo. I testi, letti con intelligenza, scagionano l'Islam da questi atti di violenza. Ma è necessario mobilitarsi ovunque nel mondo musulmano per rifiutare questi abusi che negano ogni civiltà, ogni cultura, ogni umanità». Salto alle amare conclusioni: «Il silenzio del mondo musulmano ha sorpreso tutti. Un Paese, una società, sono caduti nelle mani di persone che non sanno nulla dell'Islam e della sua filosofia. La vittoria dei talebani è il trionfo dell'oscurantismo religioso, la sottomissione delle donne e la fine della cultura. E tutto questo viene imposto a un popolo in nome dell'Islam». Una conclusione in verità quasi sospesa, come se fosse un grido derivante da un'amarezza profonda. Questo silenzio, che è mancanza di reazione a fatti di evidente gravità, stupisce e preoccupa, perché rischia di incrinare i rapporti su cui si basa la reciproca comprensione.