Si profila l'inizio della stagione invernale. Gli appassionati - ed io sono fra questi - "affilano le lamine", come si dice scherzosamente. Per qualunque valdostano lo sci un tempo era uno sport obbligato. Ci portavano i genitori, andavamo con la scuola o con le associazioni come Sci club e Club alpino. Poi, se la passione c'era, a questa spinta "naturale" seguiva la voglia di andarci. Per me, ancora oggi, una bella sciata è un piacere. Lo sci ha cambiato profondamente l'economia della montagna, sdoganando il turismo invernale in un crescendo che ha visto passare modi di approccio diversi, dal pionierismo di inizio secolo scorso all'ingresso da mezzo secolo di alcune nostre stazioni invernali nel giro della concorrenza internazionale. Gli impianti di risalita hanno creato un indotto impensabile prima dell'avvento dello sci di massa. E questo sport, che è non solo gesto atletico, ma approccio alla montagna e alle sue bellezze, che crea distensione e piacere, ha spazi di sviluppo importanti.
Certo, bisogna darsi da fare per organizzare il giusto proselitismo, perché la concorrenza è cresciuta ed è giusto cercare nuovi consumatori e altri mercati cui proporsi. Certo è che l'integrazione maggiore dei comprensori sciistici oggi esistenti in Valle e la riflessione sui collegamenti intervallivi resta importante. Ma queste sono considerazioni generali, mentre ora la maggior attesa riguarda, dopo una stagione chiusa allo sci con conseguenze gravi sull'economia valdostana ed alpina, l'imminente stagione in relazione alle norme restrittive legate all'epidemia. Sia chiaro che lo scorso anno Roma fu sorda ad ogni appello, decidendo unilateralmente un blocco senza spiragli. Contestai e contesto quella scelta, che non tenne conto dei protocolli di sicurezza proposti e di una disciplina sportiva en plein air. La montagna dimostrò una debolezza evidente come gruppo di pressione e sarebbe rifletterci sino in fondo perché sarebbe bene organizzarsi fra montanari. In passato questo avvenne e me ne occupai con buoni risultati. Mi auguro che quest'anno, anche alla luce di molti annunci ottimistici di ministri del Governo Draghi, non ci siano sorprese. La nostra Regione, nel campo dei ristori per i danni dello stop, ha compartecipato ai risarcimenti statali con una cifra ingente e non ripetibile allo stato nel 2022. Questo rafforza la necessità, sin da ora, di avere certezze dalle autorità nazionali, che sono depositarie delle decisioni, dopo che la Corte Costituzionale ha sancito l'esclusiva competenza dello Stato sulle regole cardine sulla pandemia. A breve si guarderà al cielo aspettando la neve ed inizieranno a sparare i cannoni per la neve artificiale. Chi opera nel settore sta investendo il necessario per partire. Gli sciatori scalpitano dopo un anno senza piste. Tutto è pronto e ora c'è bisogno di certezze, senza la solita melina dell'ultimo minuto. In un decreto legge in conversione spunta un testo che consente l'esercizio di "funivie, cabinovie e seggiovie, qualora utilizzate con la chiusura delle cupole paravento, con finalità turistico-commerciali e anche laddove ubicate in comprensori sciistici, senza limitazioni alla vendita dei titoli di viaggio". Ora, a parte l'italiano esoterico o almeno zoppicante che rende il testo un pochino bislacco, l'intenzione appare buona e rassicurante. Speriamo di aver capito bene. Intanto, sciolino.