Sei anni dopo i fatti è in corso a Parigi il processo sugli attentati che hanno provocato la morte, per mano di terroristi islamici, di 131 persone e il ferimento di 350 allo "Stade de France", nei bistrot parigini e soprattutto nel teatro "Bataclan". Tutto si svolge in una gigantesca aula costruita appositamente per l'occasione nella Salle des Pas Perdus del Palazzo di Giustizia di Parigi L'imputato principale è il 31enne Salah Abdeslam, unico superstite del commando del 13 novembre. Sin dai primi giorni l'accusato ha dimostrato di voler usare il processo come palcoscenico per la sua propaganda, ripreso con fermezza dal presidente del Tribunale. Il Diritto contro la Barbarie.
L'occasione credo che sia utile per non dimenticare l'insieme di orrori di cui nel mondo sono stati protagonisti questi esaltati che restano purtroppo una grandissima minaccia. Il fenomeno islamista non si è fermato e il loro proselitismo incombe come uno spettro che può colpire ancora. E' bene non abbassare la guardia contro questo pericolo e vigilare ovunque, anche da noi, su questa versione mostruosa dell'islamismo che forma persone pronte a morire per uccidere noi «infedeli» ed imporre qui quella teocrazia che di questi tempi sta letteralmente imprigionando l'Afghanistan. Mi ha molto colpito, nella sua rubrica in cui risponde ai lettori del "Corriere", quanto osservato da Aldo Cazzullo, che scrive questo: «Il processo all'unico sopravvissuto tra gli attentatori del "Bataclan" mette i francesi di fronte alla banalità del male. Forse la pena più adeguata per quell'uomo che a sei anni di distanza non mostra segni di ravvedimento, e tutto quel che ha da dire è che non aveva «nulla di personale» contro le vittime (frase ipocrita con cui si giustifica ormai qualsiasi nequizia), sarebbe stata costringerlo a visitare la Morgue, l'obitorio di Parigi, due giorni dopo l'attentato. Ci sono stato, ed è un'esperienza che non auguro a nessuno. Non ho visto i corpi dei giovani uccisi al "Bataclan". Ma avevo i fogli con le loro fotografie, e la cosa più terribile è stato ritrovare i loro lineamenti, logorati dal tempo e dal dolore, in quelli dei genitori che venivano a riconoscerli. Arrivavano ancora animati di speranza, e uscivano totalmente distrutti, annientati, devastati. Centotrenta vite solo da immaginare. Vite di artisti, di ricercatori, di scrittori: ai genitori non restava che immaginare quanto sarebbero state belle le loro canzoni, le loro scoperte, le loro opere. Immaginare quanto sarebbero stati belli i loro figli. Vite infinite. Credo che ad animare un terrorista che spara su coetanei inermi non sia l'odio, la cattiveria, il sadismo, e neppure la stupidità, ma l'ignoranza. L'ignoranza suprema, che non è non aver studiato, ma non essere capaci di mettersi nei panni degli altri, di misurare le conseguenze sugli altri delle proprie azioni. L'ignoranza di assassini che non sanno cosa significhi aver portato un bambino nella pancia o averla accarezzata, aver pianto quand'è nato, essersi svegliati di notte quando piangeva, essersi preoccupati quando faceva tardi con gli amici, aver gioito per la sua laurea, aver provato un misto di orgoglio e di nostalgia a vederlo partire per una grande città, Parigi, che oggi si è rialzata. Com'è scritto nel suo stemma: "Fluctuat nec mergitur", viene battuta dai flutti ma non affonda». Dovunque in Occidente - va detto - i cittadini dei luoghi colpiti dai diversi attentati hanno reagito con forza e compostezza, continuando a vivere senza cedere al ricatto del Terrore, ma credo che abbia ragione Cazzullo nella sua osservazione su questa terribile ignoranza che anima chi compie gesti così crudeli e violenti nel nome del proprio Dio. Certe ideologie accecano, obnubilano, forgiano mostri e questo non dev'essere permesso.