Non finirò mai di stupirmi eppure non penso di essere Alice nel Paese delle Meraviglie. Decido e lo manifesto di non scrivere più dei "no-vax" e dei "no green pass" - in larga parte coincidenti nella loro galassia multicolore - per la semplice ragione che ho detto e ridetto come la penso di loro e delle loro manifestazioni. Certo, sapevo di non attirare la loro simpatia e mi pare giusto che possano avere atteggiamenti negativi, come io ho per loro. Almeno io - a differenza di qualcuno degli esagitati - non sono minaccioso e devo dire che proprio la violenza verbale o fisica trasforma il legittimo confronto in qualche cosa di intollerabile. Su "Twitter" in queste ore - prima di essere cacciato - spunta un anonimo (leone, anzi coniglio da tastiera) che mi dice in sostanza: ora lei tace e non critica perché ha paura di perdere voti in caso di elezioni.
Apriti cielo! Evidentemente l'amabile interlocutore con in faccia un passamontagna digitale per non farsi riconoscere non sa nulla di me. Vede, caro amico, le elezioni sono importantissime e devo dire che quando mi sono cimentato con le urne sono sempre stato eletto, ma sia chiaro che non ho mai vissuto con l'ossessione del consenso elettorale. Se mi conoscesse lo saprebbe. Mi spiego meglio: certo che i voti fanno piacere. Chi partecipa alla sfida delle urne non lo fa per partecipare, ma per vincere, essendo eletto. Mai però ho scelto quel che magari fanno altri: dire cose che non si pensano o non dire nulla per non scontentare nessuno. Essere amabilmente vago senza schierarsi e da pusillanime o da idiota. Sono umanamente pieno di difetti, che in parte conosco e in parte mi ascrivono a torto o a ragione, ma fra questi non figura la paura di difendere le proprie idee e il coraggio di esprimersi sugli argomenti quando sia necessario. Per cui l'idea che mi autocensuri a vantaggio di voti, in uno scambio di "do ut des" ipocrita se non vigliacco, mi avvilisce molto. Intendiamoci bene: talvolta sarebbe redditizio farlo. Ho conosciuto meravigliosi navigatori della menzogna o del camuffamento in politica. Sono degli Zelig che adeguano il proprio modo di essere a seconda degli interlocutori e delle situazioni. Alcuni lo fanno in maniera meravigliosamente spontanea, cambiando maschera a seconda delle circostanze e con il cinismo che necessita. Quando si critica l'antipolitica è giusto segnalarne gli eccessi e talvolta la malafede, però non si può neppure pensare ad una difesa a chi in politica di comporta male o fa del male. Fra questi spiccano appunto coloro che si inchinano senza scrupoli a seconda dei vantaggi derivanti e coloro che guardano le persone come voti con le gambe. Non ascoltano i loro problemi o le loro idee, cercando semmai di essere seduttivi e piacioni per creare un legame meramente elettoralistico. Questa politica è mediocrità, è il giorno per giorno, è il minimo sindacale, è il sorriso stereotipato senza cuore, è leggere discorsi scritti da altri, è abbindolare facendo credere che esistano soluzioni che non ci sono. Al mattino ci si guarda allo specchio per lavarsi la faccia o farsi la barba. Il riflesso è in fondo l'unica possibilità che abbiamo per guardarci nei nostri occhi e io non voglio per vergogna abbassare lo sguardo.