Ero stato invitato all'incontro, svoltosi a Saint-Vincent con alcuni rappresentanti di Casa Savoia per una raccolta di fondi di beneficenza. Mi è capitato in passato di incontrare la principessa Maria José di Savoia e la figlia Maria Gabriella in visita in Valle d'Aosta. Non si trattava in quel caso di una manifestazione spiccatamente monarchica, come questa volta, ma di una presenza per ragioni culturali. Per cui in questa occasione ho declinato l'invito e vorrei educatamente spiegarne le ragioni con grande rispetto per i valdostani (con cui ho avuto rapporti di amicizia) che per motivi affettivi guardavano ancora con simpatia alla monarchia in una logica di onore e affetto.
Viviamo in una Repubblica e la scelta in favore di questa scelta fu chiara anche in Valle d'Aosta con l'esito del referendum del 1946. Ciò avvenne malgrado un millennio di storia intrecciata fra la Maison de Savoie e la Valle d'Aosta con alti e bassi da ben ricordare, compresa la scelta a partire dalla seconda metà del Settecento di privare la Valle di una parte importante della propria Autonomia. Con l'Unità di Italia ottocentesca la Casata si fece ancora più distante e all'inizio del Novecento la strage di alpini valdostani nella Prima Guerra mondiale fu originata in parte da generali del vecchio apparato, l'avvento del fascismo segnò una frattura del tutto insanabile per i troppi silenzi e le evidenti complicità con un regime liberticida. Dobbiamo ricordare i silenzi del Re sulle violenze fasciste prima e dopo l'ascesa al potere, cosa dire delle leggi razziali, del tramonto di elezioni libere, dell'alleanza con il nazismo, della guerra piena di follie? Umberto II di Savoia prese atto con dignità della sconfitta che chiuse la storia monarchica dell'Italia e mantenne un profilo sobrio e dignitoso nel suo esilio in Portogallo. Per altro, nel caso della Valle d'Aosta, il caso volle che fu lui a firmare i decreti luogotenenziali che diedero la prima forma di nostra Autonomia, a conclusione di un lungo sodalizio cui i valdostani furono sempre fedeli, ormai spezzato dalle vicende succedutesi, compresi i silenzi contro l'attacco alla cultura valdostana ed alle sue lingue, la nascita della Provincia di Aosta allargata non a caso al Canavese, la guerra "coltellata alle spalle" sul confine con la Savoia e la complicità contro la lotta partigiana viva sulle nostre montagne. Certo, per onestà va detto quanto diverso fosse diverso nella sua compostezza il Re di Maggio dal suo successore, in linea ereditaria erede al trono, che pure non esisteva più se non nelle nostalgie di pochi. Quel Vittorio Emanuele di Savoia che non ha mai dimostrato doti particolari, se non comparire sulle riviste di cronaca rosa, che tanto amano le gesta dei sovrani, compresi quelli caduti in disgrazia. Suo figlio Emanuele Filiberto è rimasto nel solco della mediocrità con comparsate televisive e ripetute dimostrazioni di un'allure tutt'altro che reale. Ma questo non muta di certo l'idea di chi, per tradizioni familiari o scelta personale, vagheggia ancora di un ipotetico ritorno dei Savoia, in realtà possibilità morta e sepolta. So bene che sopravvivono diverse monarchie, con poteri vari, anche nell'Unione europea. E' così nel Regno Unito, nei Paesi Bassi, in Belgio, in Spagna, in Danimarca, in Lussemburgo, in Svezia. Ci sono poi, al di fuori dell'Unione, la Norvegia, il Liechtenstein, nel Principato di Monaco. In realtà sono dinosauri del passato in un quadro democratico e parlamentare. L'Italia non ha bisogno di ritornare indietro e credo che a tifare Savoia - ammesso che meritino qualunque tipo di credibilità - sono quattro gatti, rispettabili ma assolutamente minoritari. Abolito il limite costituzionale di rientro in Italia per gli eredi maschi, che facciano quello che vogliono e vadano in tournée alla ricerca di fans, ma questo non cambierà mai più la sostanza. Per cui dissentire dalla loro valorizzazione è un diritto equivalente a chi invece li rivorrebbe sul trono. Al Quirinale ormai ci sono i Presidenti della Repubblica ed i Savoia sono stati cancellati dagli italiani. Certo, gli errori irreparabili non mutano la Storia Patria più antica su cui si può essere più benevoli per certe personalità chiave del passato più remoto o ad esempio nelle vicende risorgimentali, ma l'epilogo resta irreversibile per chi rivendica, con una sorta di seduta spiritica, il risorgere dalle proprie ceneri della monarchia.