So di essere noioso, ma sia chiaro che senza la Storia non andiamo avanti. Ci pensavo l'altro giorno a Palazzo Carignano, così descritto nel sito apposito della Regione Piemonte: "E' sorto per volontà di Emanuele Filiberto di Savoia-Carignano, su progetto del padre teatino Guarino Guarini che ne ha iniziato la costruzione nel 1679. E' uno dei più suggestivi ed imponenti palazzi del Seicento italiano, con facciata sinuosa e rivestimento in semplice mattone, preziosamente e originalmente lavorato". Ci sono stato nell'enorme sala dal Parlamento, attigua al Museo del Risorgimento, che fu terminata e dunque inutilizzata dopo lo spostamento della Capitale d'Italia a Firenze nel 1865 con moti popolari di protesta. Nell'attiguo, piccolo ma prezioso Museo del Risorgimento si può vedere invece l'emiciclo originario del Parlamento Subalpino.
Qui sedettero anche i deputati valdostani (spesso piemontesi...) eletti con un suffragio limitato dopo lo Statuto albertino del 1948. Ho sui parlamentari da allora sino ad oggi una vasta documentazione tratta dagli archivi del Parlamento. Non ho mai avuto tempo - e mi sento inadempiente- di mettere tutto in un libro. L'altro giorno ho trovato fra i documenti descrittivi anche Antonio Caveri, un fratello del mio bisnonno fu deputato della Liguria nel Parlamento subalpino dal 1948 per tre Legislature e dal 1860 del Senato del Regno a Palazzo Madama. Fu anche rettore dell'Università di Genova, sindaco della città e anche primo presidente della neonata Provincia di Genova. La sua biografia impressiona! Ma quel che ho trovato affascinante sta nel fatto che nel grande tavolo allestito in quel luogo storico ci fossero i rappresentati di vaste porzioni dei territori francesi che con noi hanno vissuto i destini di Casa Savoia e che poi sono stati separati dalla nascita degli attuali perimetri nazionali dei rispettivi Stati. Che oggi ci si ritrovi nel nome dell'Europa e della sua politica regionale, salatamente ancorata ai territori con i fondi comunitari a valenza transfrontaliera, è una specie di rivincita rispetto alle frontiere che ci hanno forzatamente separati. E il bilinguismo valdostano, che risulta anche nel "Trattato del Quirinale" fra Italia e Francia quando dice: «le Parti favoriscono la formazione dei parlanti bilingue in italiano e in francese nelle regioni frontaliere, valorizzando in tal modo l'uso delle due lingue nella vita quotidiana». Chi se non noi? Sono occasioni per fare della nostra identità un elemento di forza, di originalità e di apertura verso l'esterno. I fondi europei ci obbligano attraverso "Interreg" a ragionare con i nostri vicini condividendo idee, progetti e pure speranze. Basta scorrere quanto fatto negli scorsi decenni per capire che non si è trattato solo di mettere assieme del denaro d a spendere, ma occasioni concrete per dossier grandi e piccoli, che mostrano interessanti spunti di collaborazione per cementare la conoscenza reciproca. E non bisogna fermarsi qui e nel prossimo periodo di programmazione 2021-2027 bisogna aprire nuove piste e non a caso nel corso della riunione si è aperto un capitolo sinora poco esplorato, che riguarda la Sanità, di cui si è avuta piena consapevolezza con questa maledetta pandemia.