Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
26 mar 2022

Una primavera difficile

di Luciano Caveri

L'equinozio è arrivato ed ha portato la primavera. In soldoni si allungano le giornate, partendo da "æqua-nox", ossia dalla "notte uguale", che indica in partenza quando il giorno e la notte hanno la stessa durata. La primavera mette di buonumore, anche se ad essere pignoli dovrebbe essere così anche per il giusto contraltare dopo l'inverno. Invece, l'inverno ci lascia con la delusione di una stagione senza neve e freddo e non c'è per nulla da esserne soddisfatti. La mancanza d'acqua sarà un problema serio, che rischia di essere un'altra emergenza. Questo stravolgimento delle stagioni nuoce alle nostre abitudini e ci sbalestra. Il cambiamento climatico non è una Natura capricciosa, ma una trasformazione da affrontare seriamente.

So bene che in generale si dice che «non tutti i mali vengono per nuocere» a titolo del tutto consolatorio. Con tutta franchezza questa volta non ho grandi elementi che mi tengano su, se non che quanto risulta minaccioso va preso di petto e non lasciato al solo destino. Sulla larga scala che incide sulla vita ci si avvia alla eliminazione progressiva delle restrizioni e degli obblighi più macroscopici derivante dalle conseguenze della pandemia. Ma poco si sa - dico per noi persone normali che ci fidiamo della scienza - sulle reali prospettive. L'unica cosa che ho chiara è che bisogna mantenere la guardia alta. C'è poi la guerra in Ucraina voluta dalla Russia che, anche se si arriverà ad un "cessate il fuoco". Resta tema delicatissimo ed ha inciso pesantemente e si vedrà quale sarà il trascinamento. Intanto la crisi dei prezzi dell'energia mostra tutta la fragilità del sistema interconnesso di cui facciamo parte con il gas che percorre migliaia di chilometri per raggiungerci. Quel che è successo è uno squarcio che resterà e che apre - anche per noi che siamo stati ligi e obbedienti durante la pandemia - da un lato alla speranza che il virus non ci ripresenti il quadro, dall'altra al mantenimento di una frattura sociale coi "no-vax" che ci metterà tempo per rimettersi a posto. In questo marasma con due tsunami consecutivi che ci hanno indeboliti la politica ha avuto rivolgimenti mica da ridere. Vladimir Putin è riuscito nel miracolo di dare ossigeno all'Europa ed il nemico russo alle porte ha rinvigorito il depresso cammino dell'integrazione europea. A Roma le emergenze hanno consentito il Governo Draghi che, pur non essendo certo amico del regionalismo e dei poteri locali, ha retto tra mille contraddizioni ed è entrato nel frullatore dell'ultimo anno prima delle elezioni politiche. Quando incombono le elezioni da sempre la navigazione in Italia diventa ancora più difficile. In Valle d'Aosta, con una maggioranza assai risicata e per natura periodicamente a rischio, ci si trova nel paradosso ormai usuale che tutti predicano il valore della stabilità e del «ci sono tante cose da fare» e garantiscono quanto questo sia vero. Invece ci si attarda nelle discussioni e nelle scelte e questo rende tutto più difficile. Ci vorrebbe del buonsenso e anche un pizzico di senso del dovere per capire che, nel rispetto di ambizioni personali e di argomenti da valorizzare nel programma, non si può tirare all'infinito. Uso un verbo per spiegarmi: "traccheggiare", di probabile origine onomatopeica, derivato dalla sequenza "tric-trac" o "tricche-tracche" per indicare un movimento oscillatorio che non va in nessuna direzione. Questo non è possibile.