Il punto di partenza è che bisogna rispettare le sentenze della Corte Costituzionale, il che non significa naturalmente si debba essere sempre d'accordo. Ci sono stati casi in passato e anche di recente - penso alla legge valdostana sulla pandemia - in cui le scelte della Consulta non mi avevano convinto. Questa volta plaudo senza tentennamenti alla scelta, a garanzia della nostra Autonomia e del ruolo del Consiglio Valle e del Governo regionale, di incidere con forza in una vicenda lunga e travagliata, specie per chi l'ha vissuta sulla sua pelle, che ha riguardato un finanziamento al Casino de la Vallée che era stato contestato dalla Corte dei Conti ed oggetto di due sentenze di condanna. Pubblico volentieri, non dilungandomi con le premesse, la parte conclusiva della sentenza, attesa da mesi visto che venne discussa a fine gennaio, laddove si comincia, dando ragione alla Regione per poi esplicitarne le ragioni: «Nel merito, il ricorso è fondato».
Segue un riassunto della causa utile anche per chi non ne rammenti i passaggi: «L'assunto da cui muove la ricorrente è che la delibera del Consiglio regionale del 23 ottobre 2014, numero 823/XIV, con cui si è disposto l'aumento di capitale della società per azioni Casino de la Vallée SpA - all'origine della condanna di alcuni consiglieri regionali per danno erariale - sia espressiva di una scelta di ordine politico-strategico della Regione, orientata a garantire la sopravvivenza della Casa da gioco, le cui entrate costituivano e costituiscono entrate regionali. Tale delibera - a suo avviso - conteneva "valutazioni tipicamente ascrivibili ad atti di indirizzo politico, cosicché essa, ancorché atto formalmente "amministrativo", e, comunque, "non legislativo", [era], in virtù del suo concreto contenuto decisionale, ragionevolmente imputabile a quell'ambito funzionale certamente assistito dalla prerogativa fissata dall'articolo 24 dello Statuto". Posto che, in linea con la giurisprudenza costituzionale, l'insindacabilità delle opinioni espresse e dei voti dati dai consiglieri regionali non riguarda solo la funzione legislativa, ma anche quelle di indirizzo, di controllo e regolamentari riservate al Consiglio e tutte le altre che ad esso conferiscono la Costituzione e le leggi, oltre che lo Statuto speciale, l'accertamento da compiere implicherebbe, secondo la ricorrente, non una disamina formale, ma un esame sostanziale sulla riconducibilità delle funzioni esercitate a quelle coperte dall'insindacabilità». Così prosegue l'analisi firmata infine dal presidente Giuliano Amato ed ovviamente frutto del lavoro della relatrice, la giudice Silvana Sciarra: «Preliminarmente, per una corretta valutazione della natura della delibera in questione, occorre tener conto della peculiare collocazione della Casa da gioco in esame (Casinò di Saint-Vincent SpA) nell'ambito dell'ordinamento autonomo della Valle d'Aosta. L'istituzione della Casa da gioco è stata autorizzata, con decreto del Presidente del Consiglio della Valle 4 aprile 1946, numero 241 (Istituzione del Casinò di Saint Vincent), in attuazione dell'articolo 12 del decreto luogotenenziale del 7 settembre 1945, numero 545 (Ordinamento amministrativo della Valle d'Aosta). Si deve a tale fonte, nonché al decreto luogotenenziale del 7 settembre 1945, numero 546 (Agevolazioni di ordine economico e tributario a favore della Valle d'Aosta), il primo ordinamento autonomo della Valle, che ha anticipato quanto successivamente stabilito dallo Statuto speciale, approvato con la legge costituzionale 26 febbraio 1948, numero 4 (Statuto speciale per la Valle d'Aosta). La possibilità, prevista per la Regione autonoma Valle d'Aosta, di istituire e gestire una Casa da gioco in deroga al divieto penale del gioco d'azzardo è stata fondata sull'attribuzione, che lo Statuto speciale ha riconosciuto alla stessa, della competenza in materia di turismo. I ricavi derivanti dall'attività della Casa da gioco, in linea con quanto disposto dal legislatore statale a partire dal 1949, in armonia con lo Statuto, hanno contribuito alle entrate regionali, al fine - come rilevato da questa Corte in una pronuncia risalente - di "sovvenire alle finanze di Comuni o Regioni ritenute dal legislatore particolarmente qualificate dal punto di vista turistico e dalla situazione di dissesto finanziario" (sentenza numero 152 del 1985). La scelta del legislatore regionale di dare vita, con la legge regionale 30 novembre 2001, numero 36 (Costituzione di una società per azioni per la gestione della Casa da gioco di Saint-Vincent), alla Società per azioni Casino de la Vallée, a totale partecipazione pubblica, per la gestione della Casa da gioco, risponde alla "realizzazione dell'interesse pubblico prioritario dello sviluppo economico, turistico ed occupazionale della Valle d'Aosta" (articolo 3). A fronte delle prime difficoltà di gestione, il Consiglio regionale è intervenuto con la legge della Regione Valle d'Aosta 23 dicembre 2009, numero 49, recante "Linee-guida per l'ottimizzazione ed il rilancio delle strategie di sviluppo della Casa da gioco e del complesso aziendale Grand Hôtel Billia di Saint-Vincent. Modificazioni alla legge regionale 30 novembre 2001, numero 36 (Costituzione di una Società per azioni per la gestione della Casa da gioco di Saint-Vincent)", al fine di agevolare il rilancio della casa da gioco, anzitutto disponendo - all'articolo 2 - la ricapitalizzazione della società. La medesima legge regionale, peraltro, prescriveva che il Consiglio regionale approvasse un piano di interventi per lo sviluppo della Casa da gioco, da finanziare annualmente mediante trasferimenti alla società Casino de la Vallée SpA, nell'ambito della generale programmazione contenuta nella legge finanziaria annuale (articolo 3)». Ci si avvicina poi al cuore della questione: «In questo contesto si colloca la delibera del Consiglio regionale del 23 ottobre 2014, numero 823/XIV, la cui approvazione è stata all'origine della condanna per danno erariale pronunciata dalla Corte dei conti, terza sezione giurisdizionale centrale di appello, con la sentenza numero 350 del 2021, impugnata nel presente giudizio. Dal resoconto dei lavori consiliari emerge che, nonostante i vari finanziamenti adottati, con delibere di Giunta, in deroga al meccanismo previsto dall'articolo 3 della legge regionale della Valle d'Aosta numero 49 del 2009, la situazione del Casinò restava critica. All'esito di un'istruttoria promossa dal Consiglio regionale, nella seduta del 23 ottobre 2014, si era svolta una discussione generale congiunta sulla relazione annuale sull'andamento della gestione della Casino de la Vallée SpA, ai sensi dell'articolo 8 della legge regionale numero 36 del 2001, e sulla proposta di atto intitolato "Rafforzamento finanziario del Resort e Casinò di Saint-Vincent. Incarico alla Finaosta SpA di sottoscrivere, in nome e per conto della Regione, l'aumento di capitale della Casino de la Vallée SpA". Al centro del dibattito - di cui i lavori consiliari danno conto - si pose la necessità di operare una scelta che presupponesse una valutazione di carattere politico fra fallimento e rilancio del Casinò. Si trattava, in altri termini, di decidere se salvare la proprietà e la gestione pubblica del Casinò e del connesso complesso alberghiero o, all'opposto, dismettere, totalmente o parzialmente, tale complesso patrimoniale e finanziario. All'esito di tale dibattito, fu sottoposto a votazione un Ordine del giorno, con cui si impegnava la Giunta regionale a procedere alla costituzione di una "task force politica" che, in via straordinaria, affiancasse e monitorasse l'azione di rilancio della Casa da gioco Casino de la Vallée SpA, con l'adozione di misure per valorizzare gli investimenti e per migliorarne la gestione, tramite risparmi di spesa e azioni volte a favorirne l'interazione con il territorio. Approvato all'unanimità tale Ordine del giorno, fu anche adottato l'atto "amministrativo" inerente alla ricapitalizzazione della società Casino de la Vallée SpA». Eccoci vicini alle conclusioni: «Le vicende che hanno portato all'approvazione della delibera, da cui ha tratto origine la sentenza di condanna dei consiglieri regionali per danno erariale, impugnata nel presente giudizio, confermano il rilievo centrale e, per molti aspetti, strategico assegnato all'attività del Casinò di Saint-Vincent, fin dalla sua istituzione, strettamente connessa al riconoscimento del regime speciale di Autonomia regionale. Verso questa peculiare società a partecipazione pubblica sono state indirizzate risorse, in ragione di una sua acquisita tipicità territoriale, cui si collega l'attrattiva turistica e con essa il sostegno all'economia. Il preminente orientamento volto, per l'appunto, ad agevolare, attraverso azioni mirate, lo sviluppo economico, turistico e occupazionale della Regione, è confermato dai più recenti interventi del legislatore regionale (di cui alla legge regionale 4 luglio 2019, numero 8, recante "Disposizioni urgenti per Casino de la Vallée SpA), che incidono nuovamente sull'assetto finanziario della società di gestione della Casa da gioco, in vista, tra l'altro, dell'omologazione del concordato preventivo con continuità aziendale, disposta con decreto del 26 maggio 2021 del Tribunale ordinario di Aosta. Tutto quanto detto contribuisce a far emergere con contorni sempre più netti la natura della delibera in esame, quale atto di indirizzo politico-strategico, espressivo della stessa politicità della legge. La decisione relativa all'aumento di capitale della società di gestione della casa da gioco – altre volte operata con una legge, come era accaduto con l'articolo 2 della legge regionale numero 49 del 2009 – è coessenziale alla decisione di rilanciare la Casa da gioco, fatta oggetto dell'Ordine del giorno approvato all'unanimità, con un consenso trasversale fra maggioranza ed opposizione, quasi contestualmente alla delibera di ricapitalizzazione. Essa si delinea, quindi, come un aspetto della scelta di politica finanziaria regionale, operata dal Consiglio regionale, nell'esercizio delle sue prerogative di decisore politico, chiamato a scegliere fra più opzioni alternative. Nel quadro così delineato, l'approvazione della delibera di cui qui si discute costituisce una espressione di voto che, pur rivestendo la forma di atto amministrativo, è, sotto ogni profilo, riconducibile all'esercizio di funzioni inerenti al "nucleo caratterizzante delle funzioni consiliari" (sentenza numero 69 del 1985), rispetto al quale l'articolo 24 dello Statuto speciale della Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste, al pari dell'articolo 122, quarto comma, Costituzione, esclude la responsabilità (penale, civile e amministrativa) dei consiglieri regionali per le opinioni espresse e i voti dati. Se, infatti, "l'esonero da responsabilità dei componenti dell'organo (sulla scia di consolidate giustificazioni dell'immunità parlamentare) è [...] funzionale alla tutela delle più elevate funzioni di rappresentanza politica, in primis la funzione legislativa, volendosi garantire da qualsiasi interferenza di altri poteri il libero processo di formazione della volontà politica" (sentenza numero 69 del 1985), le funzioni costituzionalmente previste non si esauriscono in quella legislativa, ma si allargano a comprendere le funzioni di indirizzo, di controllo e regolamentari riservate alle Regioni, nonché le altre conferite al Consiglio regionale dalla Costituzione e dalle leggi, incluse quelle "di tipo amministrativo purché strettamente finalizzate a garantire l'autonomo funzionamento dei Consigli regionali" (sentenza numero 337 del 2009). Pertanto, per poter "preservare da interferenze e condizionamenti esterni le determinazioni inerenti alla sfera di autonomia costituzionalmente riservata al Consiglio regionale" (sentenza numero 235 del 2015, nonché, in precedenza, sentenze numero 195 del 2007, numero 392 del 1999 e numero 289 del 1997), la guarentigia dell'insindacabilità di sicuro concerne le funzioni conferite ai Consigli regionali dalla Costituzione e dalle fonti normative cui essa rinvia e che possono essere esercitate in forma legislativa o anche amministrativa. Ciò conferma quanto questa Corte ha, fin da tempo risalente, affermato circa l'insufficienza della forma amministrativa dell'atto per escludere la prerogativa dell'insindacabilità (sentenze numero 69 del 1985 e numero 81 del 1975). Risulta, pertanto, evidente che l'approvazione della delibera consiliare del 23 ottobre 2014, numero 823/XIV, contenente la ricapitalizzazione della società a totale partecipazione pubblica che gestisce il Casinò di Saint-Vincent, pur dando vita ad un atto formalmente amministrativo, costituisce, da parte dei consiglieri regionali, esercizio di una funzione riconducibile a valutazioni di ordine eminentemente politico-strategico, inerenti all'autonomia decisionale dell'organo politico della Regione Valle d'Aosta, in quanto tali esenti da responsabilità, in base all'articolo 24 dello Statuto». Eccoci alle conclusioni: «Il ricorso, pertanto, deve essere accolto. Non spettava, pertanto, allo Stato, e per esso alla Corte dei conti, terza sezione giurisdizionale centrale di appello, adottare la sentenza 30 luglio 2021, numero 350, che, in parziale riforma della sentenza della Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Valle d'Aosta, 25 ottobre 2018, numero 5, ha accertato la responsabilità amministrativa, con conseguente condanna, per danno erariale, dei consiglieri regionali della Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste, che hanno votato a favore dell'approvazione della deliberazione del Consiglio regionale del 23 ottobre 2014, numero 823/XIV, di ricapitalizzazione della società per azioni a totale partecipazione pubblica Casinò de la Vallée SpA. Va, conseguentemente, annullata la citata sentenza della Corte dei conti, terza sezione giurisdizionale centrale di appello, numero 350 del 2021, nonché tutti gli atti e provvedimenti consequenziali o comunque connessi». C'è poco da aggiungere.