Sarebbe bello poter scrivere che l'estremismo è una malattia infantile. Purtroppo non è così: l'estremismo - e la storia italiana lo dimostra, che fossero all'estrema sinistra le "Brigate Rosse" o i "Nar" all'estrema destra - è un pericolo per la democrazia. Certo ho citato le ali più estreme, ma esistono forme soft di cui grandemente diffidare e che si vedono comparire anche nella tragica guerra della Russia all'Ucraina. Ci sono i fautori del "distinguo", i "cavillatori" degli eventi, gli esibizionisti da talk show, persino i prezzolati "filoputiani". Una banda che disgusta. Spuntano anche i pacifisti del «né né» che vivono in un mondo di mezzo con snobismi intellettuali e baggianate spaziali. A loro - e come scrivere meglio - ci ha pensato un commento di poche righe di Giancristiano Desiderio, giornalista e scrittore, pubblicato sul "Corriere".
Niente da aggiungere, nulla da togliere, solo da leggere: «Quando si discute di pace e di pacifismo non bisognerebbe mai dimenticare che gli stessi pacifisti, vuoi ingenuamente vuoi consapevolmente, sono stati usati nella storia del Novecento come delle armi per delegittimare il nemico. Non è un mistero per nessuno - o almeno non dovrebbe esserlo - che il movimento pacifista fu strumentalizzato dal Pci che era attentissimo nel mostrare le guerre in atto e in potenza degli Stati Uniti ma era distratto sulle azioni e intenzioni belliche dell'Unione Sovietica. Vi è nel pacifismo un'ambiguità di fondo, colta molto bene anni fa da Gabriella Mecucci nel libro "Le ambiguità del pacifismo", che andrebbe sempre dissolta per evitare che il giusto sentimento di pace degli uomini pacifici e di buona volontà sia trasformato in un'arma di propaganda dal pacifismo ideologico. Purtroppo, dimenticando o ignorando la tragica storia totalitaria del Novecento, il pacifismo dei nostri giorni è riuscito persino a passare dalla propaganda alla caricatura. Infatti, chiedere agli ucraini di arrendersi per avere la pace, che sarebbe una sottomissione, è ridicolo e immorale ossia grottesco. Al tempo della guerra in Vietnam, i pacifisti non chiedevano ai vietnamiti di arrendersi ma agli americani di andarsene. Oggi perché non si chiede alla Russia di Putin di abbandonare l'Ucraina? Perché si incontrano due tabù: da una parte gli Usa e dall'altro la Russia che per molti pacifisti italiani, tanto di sinistra quanto di destra, sono nient'altro che i loro fantasmi mentali che non hanno superato. Purtroppo, non è solo un problema privato. E' anche una grande questione pubblica: è la fragilità della nostra democrazia vista dal lato della politica estera. Quella più importante. Il pacifismo italiano è, allora, una sorta di partito della resa altrui che vive con risentimento ancora nella politica dei due blocchi e desidera la pace come sconfitta del mondo che ha vinto la "guerra fredda": le democrazie occidentali, noi stessi». Aggiungo solo, tanto per smontare un mito, ricordo cos'ha scritto il saggista britannico Christopher Hitchens: «Gandhi, in una delle sue missive, suggerì ai britannici di lasciare che la Germania invadesse "la bellissima isola", con tutti "i suoi bellissimi palazzi", perché in ogni caso "gli darete tutto questo, ma non le vostre anime, né le vostre menti". Se Wiston Churchill avesse dato retta a Gandhi, a quest'ora, probabilmente staremmo ancora marciando a passo d'oca». Ricordo anche cosa lo stesso Gandhi - paladino del pacifismo - disse di Benito Mussolini: «Ciò che mi colpisce è che, dietro la "durezza" di Mussolini, si cela comunque il disegno di servire il proprio popolo. Anche dietro i suoi discorsi enfatici si scorge un intento sincero e di amore appassionato per la sua gente. Da ciò che ho percepito, mi sembra che anche la massa degli italiani ami il Governo di ferro di Benito Mussolini». Fortuna che gli Alleati non hanno ascoltato Gandhi e in Italia hanno aiutato i partigiani (quelli veri!) nel loro ruolo per la Liberazione.