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07 mag 2022

Culle vuote in Valle d'Aosta

di Luciano Caveri

L'idea iniziale di avere uno studio demografico sul futuro della natalità in Valle d'Aosta nasce (verbo più che adatto!) da una esigenza pratica in uno dei settori di cui mi occupo, la Scuola. Poi, ragionando con l'ottimo dirigente regionale responsabile dell'Osservatorio economico e sociale della nostra Regione Dario Ceccarelli e con i colleghi del Governo regionale, si è scelto un approccio più vasto, utile per tutti. A condurre questo studio indipendente si è scelto per la sua competenza il professor Alessandro Rosina della "Cattolica" di Milano, demografo di grande esperienza e editorialista del "Sole - 24ore" e di "Repubblica", di cui avevo letto l'ultimo libro illuminante intitolato "Crisi demografica". Con la sua equipe ha elaborato uno studio incentrato sul periodo 2011-2021 con una proiezione al 2036: uno strumento utile (che si può scaricare cliccando qui) per pianificare moltissime azioni e per capire bene i rischi della denatalità in Valle d'Aosta, se non invertiremo la drammatica tendenza al drastico calo delle nascite, reso chiaro da un tasso di fecondità molto basso e che restasse tale ci porterebbe al collasso.

Fenomeno che riguarda tutto l'Occidente, ma certo la Valle ormai svetta con il suo crollo delle nascite, che rischia di colpire al cuore il popolo valdostano con un generale impoverimento di risorse umane e economiche, oltre ad avere una società progressivamente sempre più composta da persone anziane e con un crollo della popolazione residente che rischia di far morire alcuni Comuni per esaurimento. In sintesi - e con più ordine - questi i punti indicati da Rosina:

Malessere demografico: calo generalizzato della popolazione residente; decremento della natalità (sia italiani che stranieri); riduzione del TF; severo invecchiamento della popolazione; spopolamento di alcune zone montane. Accentuato squilibrio tra anziani e giovani, correlato sia al consistente incremento nel numero assoluto degli anziani sia ad una prolungata e costante riduzione della natalità. Progressivo "impoverimento" della popolazione giovanile. Contrazione della popolazione in età lavorativa. Consistente calo della popolazione femminile in età riproduttiva.

Queste le ulteriori sottolineature:

Andamento fecondità migliore della media nazionale (e Nord-Ovest) prima della "Grande recessione", ma peggiore dopo, fino a impatto pandemia. In maggior indebolimento la base della piramide demografica. In particolare popolazione under 6 sia per dinamiche fecondità che immigrazione. Riduzione contributo popolazione straniera: meno di quanto previsto da 6+ anni e addirittura meno del 2011 per under 6). Maggior presenza aree di malessere demografico (comuni piccoli aree interne e montane, con popolazione in riduzione e invecchiamento/degiovanimento). Impatto della pandemia aggravato ulteriormente il quadro. Nuove previsioni Istat con scenario mediano di non recupero. Rischio avvitamento continuo verso il basso.

Ecco le conclusioni in pillole del professor Rosina, esplicitate nello studio e che vanno discusse per reagire ai rischi in atto per invertire la crisi demografica:

Inversione fecondità possibile: riduzione divario rispetto numero medio desiderato di figli, esperienza Francia, Svezia, Germania. Serve azione integrata: politiche familiari, attrattività, qualità dei servizi (in particolare quelle che favoriscono scelte di vita in combinazione positiva con percorsi professionali). Simulazioni mostrano che combinazione tra aumento fecondità e immigrazione consistente (verso raddoppio livelli attuali) può frenare riduzione della popolazione attiva. Le azioni devono essere coerenti con le specificità del territorio: potenzialità centri medi, benessere sempre più legato a senso di comunità e rapporto con ambiente, opportunità offerte da nuove tecnologie. Occasioni offerte da PNRR e Family act (favorire un effetto leva con azioni sul territorio).

Una bella sfida per la politica e per la società valdostana per credere nel proprio futuro, altrimenti saranno guai.