«Grande è la confusione sotto il cielo. La situazione è eccellente…». La celebre frase pronunciata da Mao, durante la Rivoluzione culturale in Cina negli anni Sessanta, si adatterebbe perfettamente alla Valle d'Aosta di oggi. Mao - ma la citazione era probabilmente la ripetizione di un detto di Confucio - vedeva nel caos, che facesse tabula rasa del passato, l'affermazione di una rottura violenta e persino sanguinaria per esaltare la sua dittatura personale attraverso la sua versione, rivelatasi liberticida, del comunismo. Il caos valdostano, invece, non ha un'intestazione che si riferisca ad una persona con un progetto preciso in testa, ma ad un senso generale di tutti contro tutti che rende sempre più problematico immaginare un destino comune condiviso.
Viene in mente quel motto latino "divide et impera" ("dividi e conquista") con cui si vuole significare che la divisione, la rivalità, la discordia dei popoli soggetti giova a chi vuol dominarli. Il caso diventa ancora peggiore quando le divisioni, che fanno saltare la saldezza necessaria per stare assieme e guardare al futuro, salta perché ci si fa del male anche da soli. La difficoltà di governo della Regione con instabilità latente, gli scontri fra sistema comunale e Regione con troppe incomprensioni, i dissidi fra i Comuni stessi che fanno saltare logiche collaborative, persone che amano seminare zizzania e creare fibrillazioni. La politica è solo la punta dell'iceberg di un malessere presente nella società. Sono tutti segnali che fanno riflettere e personalmente mi preoccupano per l'avvenire e mi interrogo su che cosa io possa ancora dare per limitare la deriva. Non lo faccio per una forma sterile di buonismo o con la logica di una mozione degli affetti. Lo faccio perché non c'è nulla di peggio che farsi male da soli con una buona dose di masochismo. Sia chiaro che certe divisioni fanno piacere solo a chi, dentro e fuori dalla Valle d'Aosta, da tempo predica e agisce in modo più o meno palese contro quella forma di Autonomia che abbiamo ancora nelle nostre mani tra mille limitazioni e difficoltà. In troppi in questi anni ci hanno dato patenti di indegnità e si diffonde anche fra noi il venticello di un'Autonomia ormai inutile, senza mai pensare a quale sarebbe l'esito di un naufragio di cui noi risultassimo responsabili a causa dei nostri comportamenti divisivi. Certo, siamo liberi di continuare a farci del male e la storia valdostana già annovera periodi di profonda decadenza. Per cui nella longue durée delle vicende passate troviamo purtroppo esempi di dove portino separazioni e parcellizzazioni o si finiscano per smettere modelli originali per piegarci a politiche importate. Certo abbiamo un ordinamento da riformare e modernizzare e abbiamo sprecato occasioni per farlo, ma non si butta via il bambino con l'acqua sporca. Questo per ribadire che il mondo autonomista - ed è l'ennesimo appello che faccio, sapendo che certe sollecitazioni sinora si sono perse in una logica di pigrizia fatalista - ha bisogno di un momento rifondatore e di riaggregazione. Non ho mai pensato a un patetico atto di reducismo di noi "vecchi", in cui ci si incontri ad evocare la bellezza del passato e la bontà delle nostre gesta rispetto alla paralisi e alla regressione che incombono, ma un momento di franchezza fra generazioni passate ed i famosi "giovani" cui spetteranno, se ci credono, le responsabilità che alcuni di noi hanno avuto in questi anni. Forse bisogna pensare ad applicare anche fra di noi quel motto dell'Unione Europea, che è "Unità nella diversità". La Valle è molto cambiata e la valdostanità come collante culturale e linguistico va modellata con nuovi elementi di coesione sotto la bandiera dell'Autonomia come valore condiviso per un buon governo e per il benessere. Spetta agli autonomisti uniti proporre a tutti i valdostani questo progetto non per un astratto "volersi bene", ma perché altrimenti a decidere non saremo mai più noi.