Il Parlamento Europeo in seduta plenaria ha approvato il pacchetto "Fit For 55", che tra le varie misure prevede lo stop alla vendita di veicoli a combustione (quindi quelli a benzina ed a diesel) dal 2035. Si tratta ovviamente di una fantasia, che dimostra un atteggiamento demagogico verso l'elettrico, che sembra non tenere conto di certe implicazioni logiche. E nello scriverlo non si discute la bontà di una rivoluzione necessaria per varie ragioni, ma la realtà è più complessa. Basta leggere l'intervista di Raphaël Zanotti al sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, già vice rettore del Politecnico di Torino, che tra l'altro proprio a Verrès sta sperimentando un nuovo motore elettrico. Con grande garbo ma senza populismo osserva: «Rilevo alcune criticità. Penso che sulla scelta di passare tutti al motore elettrico delle auto dal 2035 sia necessario un approfondimento».
E aggiunge: «Sono perplesso sui tempi. Per una serie di ragioni ambientali, di strategia geopolitica, industriali, occupazionali ed etico morali. Per produrre batterie servono materie prime come cobalto, litio, grafite e altre. Il litio, per esempio, si recupera solo in due modi: attraverso lo spodumene, un minerale presente in Usa, Canada e Australia, oppure essiccando salamoie salate che si trovano in Sudamerica. Entrambi i processi di estrazione hanno un pesante impatto ambientale e un elevato costo energetico. Tanto più se consideriamo che queste materie prime sono già stressate dalla nostra produzione tecnologica». Poi l'aspetto più serio: da quale energia elettrica proviene quel che serve a caricare negli appositi stalli? Certo non tutto da energie rinnovabili. Così Russo: «L'energia elettrica non nasce da sola, va prodotta. In Europa ci sono nazioni come Germania e Polonia che ancora usano in modo massivo il carbone, ad alto impatto ambientale. L'Italia soffre già di un'insufficienza energetica aggravata dalla guerra in Ucraina. Dipendiamo da altre nazioni, non siamo la Francia che ha il nucleare, non abbiamo rigassificatori. Potremmo puntare su geotermico, eolico, solare. Ma ci vuole tempo per differenziare le fonti di approvvigionamento». Aggiungerei la potenzialità dell'idroelettrico, che sconta norme assurde sulla concorrenza di derivazione europea, che sono persino peggiorate in Italia con i "bla bla" ormai assurdi del ministro Cingolani, ormai in piena confusione con crescente arroganza, mentre dovrebbe occuparsi di transizione ecologica. Picchia duro il sindaco di Torino, città che tra l'altro continua avere una tradizione industriale, anche se ridotta al lumicino, sui motori "tradizionali": «Ci sono implicazioni etico morali. L'estrazione delle materie prime di cui parlavamo prima avviene in luoghi del mondo dove spesso vengono usati bambini, o dove le condizioni di lavoro sono molto simili allo schiavismo. Anche questo va tenuto in considerazione. La forte concentrazione di materie prime in alcuni luoghi del pianeta sposterebbe gli equilibri mondiali. Inoltre dobbiamo tenere presente che molte di queste materie, penso per esempio alle cosiddette Terre Rare, sono praticamente in mano alla Cina sia dal punto di vista dei giacimenti che delle tecnologie estrattive. Con queste premesse Pechino sarebbe in grado di controllare le dinamiche del mercato». E poi un grande assist alla prospettiva del l'idrogeno verde, che in Valle d'Aosta dobbiamo accelerare, quando cita «l'idrogeno usato come combustibile. Siamo più indietro nella ricerca, ma questa scelta non scardinerebbe la filiera del motore endotermico e ridurrebbe comunque le emissioni. Un'altra alternativa è il gas naturale, la ricerca italiana in questo campo è molto avanti». Infine: basta parlare con gli esperti di "CVA" e "Deval" per capire come se d'improvviso tutti passassimo all'elettrico per muoverci le reti e le infrastrutture attuali non sarebbero in grado neppure in Valle d'Aosta di reggere la più banale delle operazioni: la ricarica delle batterie.