Scherzavo giorni fa sulla necessità di fare la danza della pioggia, che oggi possiamo vedere - dal chiaro aspetto folkloristico - nei filmati che hanno protagonisti nativi del Nord America. Per altro, della serie «scherza con i fanti... e lascia stare i santi», ricordo che cosa ha scritto il "Corriere della Sera": "La preghiera della pioggia. L'invocazione alla Madonna della Bassa. L'arcivescovo di Milano Mario Delpini ha accolto «la preoccupazione dei coltivatori della terra, degli allevatori e delle loro famiglie in queste settimane di siccità» e sabato 25 giugno sarà in tre chiese del territorio agricolo della Diocesi a pregare il Rosario". Passando dal sacro al profano mi viene in mente, pensando anche al celebre film, quel motivetto "Singin' in the rain" ("Cantando sotto la pioggia") di Arthur Freed e Nacio Herb Brown, anno 1929.
«Canto sotto la pioggia, sto proprio cantando sotto la pioggia, che sensazione magnifica, sono di nuovo felice, sorrido alle nuvole, così scure lassù, ho il sole nel cuore, e sono pronto ad amare, lascia che le nubi tempestose, caccino via tutti da qui. Vieni con la pioggia, ho il sorriso in faccia, passeggio per la via, con un lieto ritornello, sto proprio cantando, cantando sotto la pioggia, sto ballando sotto la pioggia, sono di nuovo felice, canto e ballo sotto la pioggia...». Sensazioni che ci mancano e non sono quelle dei fortunati monsonici che stiamo subendo. Ho trovato espresse certe sensazioni in qualche passaggio di un articolo su "Repubblica" di Marco Belpoliti: «La pioggia, come dimostrano i personaggi di "Blade Runner", si lega alle lacrime, poiché è il modo attraverso cui il cielo piange e così fertilizza il suolo. Danae, rinchiusa dal padre in una cella sotterranea di bronzo, riceve la visita di Zeus sotto forma di pioggia d'oro che penetra dal tetto e la feconda. Con la pioggia si dorme bene, naturalmente se si è al coperto. Innumerevoli poeti hanno cantato non solo la pioggerellina nella pineta, ma anche il rimbalzare delle gocce sul tetto, che culla il sonno di bambini e adulti. La pioggia ha una schiera di appassionati, a partire da Snoopy che, assiso sulla sua cuccia, batte sulla tastiera l'inizio di un fantomatico romanzo: "Era una notte buia e tempestosa..."». Snoopy e tutti i Peanuts fanno parte della mia formazione con la lettura dell'impagabile "Linus" di Oreste Del Buono. Esiste, ricorda Belpoliti, il rovescio della medaglia: «Ma la pioggia fa anche paura: ingrossa i fiumi, travolge gli argini, allaga le campagne; l'acqua limacciosa, temibile spauracchio di tante popolazioni della Penisola, trascina con sé tutto ciò che incontra: alberi, uomini, veicoli, case, ponti. Il Diluvio è un mito negativo e insieme positivo - una tabula rasa, seppur umida - nei grandi racconti mitici, a partire dalla Bibbia. Insomma, oltre al piacere della pioggia, che irrorava i campi come Zeus la bella Danae, il contadino tende l'orecchio e s'abbandona a pensieri calamitosi. E adesso, ora che non piove da mesi, e fossi, cavedagne, torrenti e fiumi sono in secca, cosa ascolterà nella notte l'agricoltore cui il sole di giugno e luglio brucia le coltivazioni nell'ex irrigua pianura del Nord? Forse attende speranzoso la voce della pioggia, come titola la celebre poesia di Henry David Thoureau: "E tu chi sei? Chiesi alla pioggia che scendeva dolce". Per avere la pioggia ci si affida alle preghiere, ci si rivolge agli dei capricciosi, si danza in cerchio, come nei riti dei nativi americani, quelli che nei film western erano chiamati "pellirossa"». Si torna appunto all'inizio e a questo effetto stupefacente di vivere mesi e mesi con solo qualche goccia dal cielo, dopo che - nel caso delle Alpi - abbiamo avuto un inverno un cui non abbiamo visto neve naturale. Disastro.