La quotidianità è lastricata di problemi. Si potrebbe dire, usando un eufemismo, che ci sono stati tempi migliori. Ovunque governare non premia e da sempre l'abito dell'oppositore è più comodo e quasi sempre l'atteggiamento è dire che le cose non vanno. Passare dalla protesta alla proposta è raro. Ci pensavo rispetto ad una questione che si fa sempre più delicata: il futuro del Traforo del Monte Bianco. Benché parzialmente rinnovato dopo il tragico rogo del 1999, nelle dotazioni impiantistiche e di sicurezza specie con un camminamento sottostante la carreggiata che consente di uscire dal tunnel dai rifugi di sicurezza, l'infrastruttura paga il fatto di risalire al 1965, data di apertura, ma ovviamente la concezione tecnologica è ancora precedente e, di conseguenza, sente il peso degli anni.
Sono ormai necessari lavori straordinari di risanamento e ripristino ad esempio del rivestimento in calcestruzzo della volta della galleria, resi ancora più necessari dal rinvenimento di tracce di amianto in alcuni materiali complementari. Questo significa periodi di chiusura annuali prevedibili nel prossimo ventennio e dunque in larga parte degli anni ancora restanti di una concessione in scadenza nel 2050 e che è - lato italiano - nelle mani della Società del Traforo che ha ora come azionariato di maggioranza la "Cassa Depositi e Prestiti" sopravvenuta al Gruppo Benetton nella Società Autostrade. Solo a fine estate sapremo esattamente la durata di queste chiusure - oggi si ipotizzano tre o quattro mesi in autunno - perché si conoscerà l'esito della gara attualmente in corso per i lavori in cui si valuterà l'offerta economicamente più vantaggiosa con l'ottimizzazione dei tempi e le tecnologie più avanzate che verranno proposte. Insomma: il Traforo, che fa parte della "Rete transeuropea dei Trasporti", sarà azzoppato e questo si riverbera - problema connesso - con il futuro dell'Autostrada del Monte Bianco ("Rav"), che ha oggi due azionisti: quello di maggioranza è lo stesso Traforo del Monte Bianco e quello di minoranza e la Regione Valle d'Aosta. La società ha già problemi di equilibrio finanziario, perché è una tratta breve con manutenzioni costose, cui si aggiunge una cifra da capogiro per migliorie necessarie per adeguamenti di sicurezza derivanti da nuove norme in materia. La scadenza attuale della concessione è fissata per il 2032 e dunque per garantire gli interventi è necessaria una proroga almeno sino al 2050 per parificarla alla scadenza della concessione del Traforo del Monte Bianco. E' impensabile che tutto si scarichi sulle tariffe, già molto elevate. Resta poi il problema tanto discusso del raddoppio, che personalmente ho sempre criticato se non collegato a certezze sul numero di Tir in transito, affinché la Valle non diventi un corridoio di transiti ininterrotti di camion. Ma non è solo questo: un raddoppio in situ, cioè con una seconda canna che affianchi esattamente l'attuale, che si chiami raddoppio o tunnel sostitutivo, non avrà mai un assenso dei francesi. Probabilmente qualche spiraglio potrebbe esserci per un tracciato più in basso di quello attuale ed è ora di conoscere gli studi fatti a questo proposito in Italia e di capire se sia vera l'indiscrezione che parla di uno studio francese con modalità alternative di trasporto con Tir fatti salire su di una specie di treno. Una cosa simile era stata proposta, con un tunnel di 24 chilometri dalla Valdigne verso Saint-Gervais dove arriva il "Tgv", da una società privata. Credo che sia ora di discuterne bene e alla luce del sole, avendo quello stesso spirito visionario che portò nel secondo dopoguerra a costruire il Traforo del Monte Bianco. Ma bisogna farlo con scelte di grande modernità e in una logica avveniristica e con una riflessione non banale sulle prospettive ambientali.