Si può raccontare una stupidaggine fatta? Certo che si può, anzi esiste qualcosa di benefico nel rievocare qualche cosa di cui ci si è pentiti. L’episodio risale a oltre vent’anni fa. Lasciavo la Camera dopo tanti anni di lavoro parlamentare e i miei colleghi della Rai Valle d’Aosta decisero di scendere a Roma per realizzare un ampio reportage su di un’attività che finiva. Per la Struttura di Programmazione c’era la guida esperta di Maria Luisa Di Loreto. Un primo appuntamento per realizzare immagini in loco fu fissato a due passi da Piazza del Pantheon e più esattamente davanti ad un celebre ristorante, Fortunato al Pantheon. Arrivato di fronte all’entrata del ristorante, trovai Renato Brunetta, mio collega deputato con incarichi anche di Governo e che poi ritrovai a Bruxelles e in molte altre circostanze. Uomo di carattere e di fulminea intelligenza. Chiacchierammo amabilmente del più e del meno, quando mi chiamò al telefono la troupe e mi spostai di qualche metro. Vidi arrivare l’operatore e gli andai incontro e ci fermammo di nuovo di fronte a Fortunato. Renato non era più lì e a me scappò una battuta stupidissima. Apostrofai il collega Rai: “ “Hai un giardino a casa tua?”. Lui assentì ed io aggiunsi da vero imbecille: “Potevi portare a casa come da nano da giardino Brunetta, che era qui poco fa!”. Solo in quel momento - ma non so se mi sentì - vidi spuntare da un cespuglio a pochi metri la faccia di Renato. Sprofondai. Non parlai mai con lui della storia, ma mi è tornata in mente l’episodio, dopo averlo visto in tv con Lucia Annunziata. Così ha detto Brunetta: “È una vita che vengo violentato per la mia altezza, ho sofferto e continuo a soffrire. Non tanto per Brunetta, ma per i bambini, che non hanno avuto la fortuna di essere alti, belli e che stanno soffrendo e che possono avere in me un esempio, e che dicono "Guardate Brunetta, tappo come è, nano come è, fa il ministro". Ecco, sdogano questo termine su di me”. Brunetta si era poi rivolto a Marta Fascina, compagna di Berlusconi, che nei giorni scorsi ha pubblicato una storia su Instagram con la scritta «Roma non premiai traditori», con in sottofondo una celebre canzone di De Andrè che narra la vicenda di un giudice con un noto ritornello “È una carogna di sicuro Perché ha il cuore troppo Troppo vicino al buco del culo”«Marta Grazie, vai avanti, così perché consentirai di sdoganare anche queste violenze», ha detto il ministro. Parlai della mia frase cretina con Paolo Costa al Parlamento europeo. Già Sindaco di Venezia, Paolo era amico personale di Renato e ogni tanto capitava che quest’ultimo gli tenesse il figlio. Per cui mi raccontò un aneddoto. Una sera il bambino, al ritorno dei genitori, chiese loro: “Ma Renato è un bambino che fa l’adulto o un adulto che fa il bambino?”. Il candore dei bambini è qualche cosa di straordinario. Ben diverso dal body-shaming, espressione inglese composta dal body (‘corpo’) e dal sostantivato shaming (‘il far vergognare qualcuno.’). Si tratta letteralmente di giudicare le forme del corpo delle persone, in particolare attraverso il web e i social network. Una tendenza a dir poco imbarazzante e inaccettabile per chiunque si permetta di praticarlo anche involontariamente, come nel mio stupido esempio. Anche a me è capitato di essere stato rappresentato in vignette, specie quando ero Presidente della Regione da un’eroina dell’estrema sinistra, come un brutto grassone deforme, ma capita ancora che ci sia - non solo a me - che quell’area politica segua il filone con disegni lol che non fanno ridere. Comportamento che non è una battuta inopportuna come fu la mia, ma una scelta squallida di demonizzazione di un avversario in una logica davvero - con tutti i limiti della definizione - “politicamente scorretta”.