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11 ago 2022

Un giorno verrà

di Luciano Caveri

Sono stato via qualche giorno in vacanza. Devo dire che ci voleva: ho sempre detto che, quando è possibile farlo, staccare fa bene. Consente non solo di riposare, ma anche di allontanarsi dalla routine, guardando le cose in modo diverso. Questo vale anche per la politica, attività che mai finirà di stupirmi, malgrado ci bazzichi da decenni. Se qualcosa è cambiato rispetto al passato, sta nel fatto che proprio quello “staccare” non è proprio così vero. Inutile fingere: il sottoscritto, come ormai quasi tutti, porta in vacanza anche questo aggeggio che chiamiamo ”telefonino”, come si incominciò a fare quando spuntò nelle nostre vite. Allora serviva solo per telefonare. Il primo portatile, se ricordo bene, era un oggetto cult della macchina blu della Camera dei deputati quando ero Segretario di Presidenza della Camera all’inizio degli anni Novanta. Faceva strano poter telefonare negli spostamenti di lavoro con questo oggetto grande e grosso. Poi arrivò non molto tempo dopo il primo telefonino, un Motorola microTAC, sostituito in seguito da un Nokia Communicator con cui potevo scrivere e entrare in Internet. Una premessa al cambiamento. Infatti la vera e propria rivoluzione è stato l’IPhone con cui amoreggio - cambiando modelli che muoiono programmati - da 15 anni. Una creatura perfida per la sua capacità attrattiva, obbliga ad unapvera e propria dipendenza, che consente ormai una miriade di utilizzazioni con propri servizi e con la marea di App che si aggiungono ad occupare il tuo tempo. Questa invasione nella propria vita, rispetto alla quale non è facile autoregolarsi, è ben visibile anche in vacanza, ovunque si vada. I primi tempi un po’ ci si vergognava a manovrare il cellulare (anche così lo si chiamava agli esordi). Oggi al mare o in montagna - poco importa il luogo di vacanza - sparisce gran parte dell’antica socialità perché ci ritroviamo immersi negli schermi, cui si sono aggiunti allettanti modelli di tablet. La realtà è che siamo sempre più connessi in Internet e sconnessi dalla realtà in cui ci troviamo. Lo dico con consapevolezza di esserne vittima e mi rendo conto di quanto perdiamo, specie in vacanza, in osservazioni, scoperte, conoscenze. Appare ormai saltata anche ogni elementare forma di bon ton. Mentre parli con qualcuno scopri che lo stesso armeggia con i messaggi. Ci sono persone che fanno collegamenti video con le famiglie dai posti più impensati, come dei veri telecronisti, rompendo le scatole a tutti gli astanti. Ci sono persone che scrivono messaggi o mail a tutte le ore e solo zittire il telefono la notte ti salva da una presenza h24, festivi compresi. Fra noi tutti ridiamo e scherziamo di tutto ciò, ma ad un certo punto conveniamo sul diritto alla disconnessione per non lavorare sempre e non essere sempre disponibili e dunque in una perpetua e insana fibrillazione con la paranoia dell’immediatezza dell’ interlocuzione. Non so come ne usciremo e quando cominceremo ad impiantarci sistemi di trasmissione direttamente sui corpi, come già annunciavano film di fantascienza di serie B. Il “si salvi chi può” forse verrà garantito da luoghi di vacanza senza connessione o con l’obbligo di lasciare in cassaforte in albergo proprio il telefonino.