Il primo giorno di scuola

Il primo giorno di scuola, al netto delle critiche giuste e delle polemiche pretestuose, resta un momento di riflessione utile per mettere al centro della scena le politiche educative e soprattutto loro, bambini, ragazze, giovani che tornano in aula con i loro insegnanti, che sono un esercito che ha un ruolo essenziale. E il dramma della pandemia, con le difficoltà vissute e gli strascichi psicologici, è stata la cartina di tornasole del ruolo di un settore essenziale per la nostra vita sociale.
La scuola è una scala che ti porta alla vita adulta ed è fondamentale per la formazione di chi avrà in mano la Valle d’Aosta di domani. Specie se, purtroppo, il calo demografico renderà sempre più ridotto il numero di nati e questo ci obbliga ancor di più a non perdere neppure una risorsa e a canalizzare, senza compiere errori, ambizioni e speranze di ciascuno in percorsi che non portino a dispersione e fallimenti
Lo sapevano bene i nostri avi nella Valle d’Aosta del passato, dell’importanza di imparare: le scuole di villaggio erano una ramificazione che consentivano alla nostra comunità, dando elementi di base come leggere, scrivere e far di conto, di evitare in largissima parte lo spettro dell’analfabetismo e dell’ignoranza di nozioni fondamentali. Una civiltà alpina esemplare e da rammentare in ogni situazione.
Non a caso, quando il fascismo sferrò un micidiale attacco alla cultura valdostana, la Jeune Vallée d’Aoste fu non solo un bastione antifascista, ma anche e anzitutto un cenacolo di formazione identitaria su cui costruire la politica dopo il Ventennio.
Lo rievoco non per chissà quale logica passatista. Lo faccio perché senza punti di riferimento il rischio è che l’oblio cada sul perché oggi abbiamo un’autonomia valdostana e una parte di questa eredità riguarda anche la scuola con la singolarità del bilinguismo e di un settore scolastico dalla scuola dell’infanzia all’Università che è finanziato con i nostri soldi.
Certo parlare di “scuola valdostana” è giusto territorialmente e per una serie di spazi d’azione attraverso il nostro ordinamento, ma sono ancora larghi i poteri da ottenere per evitare cordoni ombelicali con le norme nazionali, troppo spesso inadatte e farraginose se applicate alla nostra realtà. Esiste in questo una resistenza conservatrice, anche dentro la scuola, che preferisce che la nostra Regione autonoma non abbia piena competenza e le ragioni politiche sono davvero incomprensibili e sfugge a salvaguardia di chissà ciò avvenga, se non per l’esistenza di un vecchiume corporativo e ideologico di chi sbandiera l’autonomia solo quando conviene.
Rivolgendomi ai giovani non posso che esprimere la speranza che colgano a pieno le opportunità che la scuola offre e che nei passaggi fra i diversi gradi d’istruzione scelgano sempre bene e in modo oculato senza scelte affettate. Questo ruolo di guida spetta anche alle famiglie, che devono dare il loro apporto, però senza mai pensare che alla sola scuola spetti l’educazione dei loro figli, che è invece responsabilità condivisa.
Per questo ci vuole comprensione fra i diversi attori in gioco, che devono motivare gli alunni e far capire loro che ai diritti corrispondono sempre dei doveri e il rispetto della gerarchia.
E poi, infine, vale quanto scritto da Simone Weil: “L’intelligenza cresce e porta frutti solo nella gioia. La gioia di imparare è indispensabile agli studi come la respirazione ai corridori”.

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