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28 ott 2022

Certe tappe della vita

di Luciano Caveri

Invecchiare è un destino ineluttabile. E in fondo, al di là di ogni possibile commento, appare risolutivo a proposito il pensiero fulminante di Charles Augustin de Sainte-Beuve: “Invecchiare è noioso, ma è l’unico modo che abbiamo per vivere a lungo”. Per cui chi se ne lamenta dovrebbe pensare a questa implicazione non secondaria, anche se, guardando alla mia mamma che di anni ne ha ormai 92, bisogna sperare di arrivarci come lei in buona salute a certe venerande età e purtroppo certi suoi smarrimenti che arrivano sono un prezzo da pagare nell’ultimo tratto del proprio percorso terreno. Quel che è certo è che il passare degli anni è segnato dalle solite tappe della vita, alcune felici altre no, come due facce della stessa moneta. Una delle gioie nel proprio cammino sono le lauree dei propri figli. Laurent si laureò a Piacenza alla Cattolica con la magistrale in Food Marketing (la triennale in Scienze Politiche fu ad Aosta) in periodo Covid con una discussione della tesi on line e come tale piuttosto deprimente. Eravamo a casa solo lui ed io con fiducia nella bontà del Wi-Fi domestico, chiave di accesso a relatore e commissione. Ora, per fortuna con presenza dal vivo, è toccato a sua sorella Eugénie (che aveva preso la triennale in Architettura a Torino) e questa volta ha concluso la magistrale a Mestre, con discussione della tesi presso Ca' Foscari già vista per noi familiari in video qualche ora prima, seguita infine dalla proclamazione (110/110) in nostra presenza con allegata scappata turistica a Venezia. La sua tesi, molto scientifica, è stata dedicata all’edificio settecentesco noto come “casa delle vigne” (vigna Pallin), che si trova a pochi passi dall’Institut agricole di Aosta. Un pittoresco padiglione che serviva come ospitalità a partire dai primi costruttori, il ramo Passerin d’Entrèves di Châtillon. La tesi ha riguardato in particolare le scandole in ceramica vetriata dai colori sgargianti posti sul tetto, probabilmente prodotte a Castellamonte. In questa logica delle tappe della vita l’Università, come fu per me è per i miei cari, è una soddisfazione, questa volta da papà trepidante. Studiare serve? Mi sforzo di ripetere di sì, anche se viviamo troppo spesso una sorta di scetticismo sul punto, mai registrato in passato. E invece lo studio - e non solo a scuola, beninteso, ma in tutte le altre modalità nel corso della propria vita - ti aiuta a crescere perché ogni pezzo di cultura in più è una conquista. La nostra responsabilità di genitori, per non dire dell’obbligo professionale di chi insegna, veniva ben ricordato da quello straordinario divulgatore di scienza e cultura che è stato Piero Angela: “Nella vita ho imparato che, per ottenere il meglio dalle persone, bisogna riuscire a motivarle: nel caso dello studio, è fondamentale far scoprire quanto una materia possa essere interessante, andando oltre lo strato "duro", e raccontarla con un linguaggio stimolante e creativo”. E, se necessario, quando bisogna persuadere qualcuno di questa necessità di apprendere e lo vedo con il mio figlio più piccolo, Alexis. che si affaccia inquieto all’adolescenza, adoperiamo il grande e bizzarro Albert Einstein: “Non considerate mai lo studio come un dovere, ma come una occasione invidiabile di imparare a conoscere l'effetto liberatorio della bellezza spirituale, non solo per il vostro proprio godimento, ma per il bene della comunità alla quale appartiene la vostra opera futura”. Ma torniamo alla laurea di Eugénie e all’occasione offerta per riflettere su grandi felicità come i figli che studiano e raggiungono la laurea. Io stesso mi sono laureato dopo essere diventato giornalista professionista, inseguendo subito dopo la Maturità quel mestiere che volevo fosse il mio. Ma per me e anche per i miei genitori la laurea era un dovere. E sono stati studi, quando già lavoravo, che mi hanno confermato il senso di una scelta: non fermarsi mai di studiare e ogni elemento nuovo che si apprende, specie quando serve per non restare indietro in un mondo che cambia, è un elemento prezioso per restare contemporaneo e non diventare passato.