Certo ambientalismo settario e monomaniaco fa male alla necessaria mobilitazione in favore dell’Ambiente, che è tema che non può essere considerato per fortuna come esclusivo gruppuscoli a vocazione prevalentemente protestataria. In democrazia gli spazi di libertà devono essere i più ampi possibili, ma quando la logica fideistica si trasforma in una sorta di ossessione bisogna preoccuparsi. Questo avviene anche in Valle d’Aosta, dove esempi non ne mancano di comitati che protestano, essendo sempre gli stessi membri con diversi cappelli, con logiche di salti di palo in frasca con una sola logica: essere contro. Ma oggi mi occupo della storia esemplificativa e in diffusione nel mondo di quelli che entrano nei musei e imbrattano tele famose per protestare contro petrolio e suoi derivati. Inquadra bene - tratto dalla traduzione fatta da Internazionale - la questione Karin Pihl sul giornale svedese Göteborgs-Posten. Così scrive: “Negli ultimi anni gli attivisti radicali hanno manifestato per il clima bloccando le strade e incollandosi alle piste degli aeroporti. Ora hanno adottato una nuova strategia. In diverse città i militanti del gruppo Just stop oil hanno compiuto delle azioni dimostrative contro l’uso dei combustibili fossili nelle gallerie d’arte e nei musei. Il metodo è semplice: scelgono un’opera famosa e, per fare clamore, ci s’incollano, scandendo messaggi sul fatto che la fine del mondo è vicina. In due casi hanno anche versato del cibo sui dipinti prima di incollarsi davanti alle opere”.. Più avanti argomenta: “La tendenza a entrare in musei e gallerie e colpire all’impazzata è pericolosa perché – anche se non è l’intenzione iniziale – si corre il rischio che un’opera finisca per essere gravemente danneggiata nella concitazione. E gli attivisti non hanno scelto delle opere qualunque, ma le più famose del mondo, di valore inestimabile. L’aspetto più provocatorio, però, è che attaccano l’arte. Fare un sit-in per strada o cercare di fermare il decollo degli aerei sono ovviamente delle idiozie, ma c’è una logica dal punto di vista ambientale. Se non vuoi che le persone prendano l’aereo, ti siedi sulla pista. Il nesso è evidente, anche se ovviamente questo tipo di protesta non ha nessun effetto positivo sulle persone coinvolte o sull’ambiente. Invece, il collegamento tra andare in un museo e la necessità di ridurre la dipendenza dal petrolio non è chiaro. Cosa c’entra Van Gogh con le politiche sul clima britanniche? Niente. Quando gli attivisti gridano “Cosa vale di più, la vita o l’arte?” prendono in ostaggio l’arte, in questo caso il nostro patrimonio culturale. L’idea è che nulla è sacro e che dobbiamo fare come vogliono loro se in futuro vogliamo visitare indisturbati musei e gallerie”. Ne deriva questo giudizio: “È l’espressione di una combinazione di narcisismo e fanatismo. Narcisismo, perché gli attivisti mettono il loro bisogno di esprimere un’ideologia politica davanti al diritto degli altri di ammirare i quadri più apprezzati del mondo. Fanatismo, perché credono che le loro convinzioni politiche gli diano il diritto di sentirsi superiori a qualsiasi legge o norma sociale”. Il tono sarà molto diretto, ma fotografa bene il limite di buonsenso che si travalica nel nome di una “fede verde” che diventa patologia simile ad un estremismo religioso. Aggiunge il giornalista: “È delicato anche il fatto che se la prendano proprio con l’arte. Ancora oggi artisti e scrittori sono imprigionati e addirittura uccisi. È difficile non pensare ai bombardamenti di antiche moschee e chiese da parte del gruppo Stato islamico o all’aggressione contro lo scrittore Salman Rushdie. Voler limitare l’espressione artistica e il diritto delle persone a fruirne per le proprie convinzioni politiche è una forma di mentalità settaria: tutto è considerato secondario rispetto alla lotta e alle idee che la alimentano. Gli attivisti non puntano a imporre la censura finché non avremo risolto la crisi climatica né hanno esercitato violenza contro le persone. Il loro comportamento, però, trascina nel fango la questione climatica perché si servono di metodi che non appartengono a una società civile. Così facendo, non attirano simpatie al movimento e ai suoi obiettivi”. Già, esiste in tutto questo una miopia di fondo: l’incapacità di trovare soluzioni e usare il NO come espressione corrente, accompagnata da disprezzo per chi la pensa diversamente. O si si è con loro con le loro soluzioni o si è contro di loro. L’esatto contrario del confronto. Esempio lampante: le energie rinnovabili come alternativa al petrolio. Poi per i professionisti del dissenso scatta la protesta, quando si vogliono costruire parchi eolici o fotovoltaici e questo vale anche per gli impianti idroelettrici. Non si discute nel merito caso per caso, come giustamente dovrebbe essere, ma si cavalca la protesta per partito preso. L’Ideologia che sfocia nel Dogmatismo si sostituisce alla Ragione.