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21 nov 2022

L’ora delle decisioni

di Luciano Caveri

Ne scrivo con dispiacere, evocando mesi di incontri in una Valle d’Aosta alla ricerca della stabilità politica, come se fosse un’introvabile chimera, il mostro leggendario della mitologia greca. Capita nel gioco dell’oca: si torna da troppo tempo, dopo tante discussioni, al punto di partenza con il nulla di fatto e con un rinvio delle decisioni infinito che sembra il teatro dell’assurdo. Questo accresce la frustrazione di chi ci prova, trovandosi un pugno di mosche in mano e alimenta un’esasperazione popolare che non ha alcuna ideologia politica e non distingue più fra chi si ingegna cercando soluzioni e chi boicotta con gusto ogni tavolo. Di conseguenza chi commenta con crescente preoccupazione gli eventi rischia di essere spiaccicato contro il muro come il grillo parlante di Pinocchio o di venire bollato apposta con dileggio genere ”Cicero pro domo sua”, come si dice di chi parla o agisce per il proprio tornaconto. C’è poi chi evoca il mitico “bene comune”, prezzemolo buono per ogni ambizione personale riconoscibile lontano un miglio per chi ha naso e io, modestamente e per le sue dimensioni, ne ho. Le riunioni previste sempre come decisive di settimana in settimana sono ormai senza alcuna riservatezza, come si dovrebbe. Invece già durante i confronti c’è chi scrive fuori in presa diretta un bel Whatsapp e la politica diventa l’arte di far uscire le notizie che fanno più comodo a chi spiffera i contenuti, secondo la convenienza del momento e c’è chi ne fa la cronaca sguazzandoci. Bisognerebbe chiudersi in conclave non per eleggere un Papa o per distribuire pani e pesci, ma per astrarsi da ruoli, deleghe e manuali Cencelli e fare in modo ordinato l’elenco delle priorità. Questo dovrebbe avvenire anche prima di capire alleanze, allargamenti e discettare come ho fatto pure io dell’ormai favolistica réunification (réunion sembra un’assemblea condominiale). Ma è difficile farlo se, con tante teste e tante idee, manca la sintesi e a tratti quella necessaria lealtà che dovrebbe valere anche in politica per evitare che tutto vada in vacca. Mi riferisco alla necessità di lavorare per un progetto comune, al di là delle differenze, con numeri ragionevoli per non cadere in Consiglio regionale se solo ad uno venisse una colica renale, per non dire del dover trattare con chi si sente indispensabile - e ognuno può dirlo - per mantenere la rosicata maggioranza e alza il prezzo. Certo ci sono i personalismi, ruggini vecchie e nuove, legittime ambizioni e personalità miste. Gli eserciti di tutti, al di là dei voti, sono ridotti a poca cosa. Le dispute fra maggioranza e opposizione in Consiglio sono troppo spesso - per chi attacca come un toro che vede il rosso - discussioni per il proprio rispettivo elettorato più che per la ricerca di sintesi necessarie per andare avanti. Chi lavora sulle cose fa la figura del fesso rispetto a chi passa il tempo a pensare alla prossima rielezione, vedendo in chi incontra non un cittadino ma solo un elettore da cui farsi votare in una campagna elettorale a vita che distorce la realtà con una politica dei favori se non dei favoritismi che non porta bene sulla lunga distanza a chi la pratica. Così si avanza a fatica e anche se i problemi si risolvono con pazienza questo conta poco. Si manifestano la lotta continua e il chiacchiericcio, specie da parte di chi ha come passatempo il movimentismo. Peccato che essere di lotta e di governo non può convivere e la Politica senza onore la pratica chi semina zizzania e complica anche gli affari semplici. Chi indica le elezioni come un magico reset - e vien quasi da riderne - è perlopiù ispirato da chi non è in Consiglio regionale e spera di andarci o di tornarci, fingendosi il nuovo che avanza. Strane storie che servono a poco se non ci sarà una scelta di buona volontà di partire da quanto necessario per la Valle d’Aosta più che dagli interessi di bottega, che hanno pure una loro dignità, ma di fronte a disegni credibili per uscire dal caos. Bisognerebbe farlo senza clamore mediatico e impegno civile con un mondo autonomista che dovrebbe essere coeso e facendo piazza pulita - come dice un detto - di ”parenti serpenti, cugini assassini, fratelli coltelli”.