Ogni volta che vado nelle scuole nelle mie attuali mansioni politiche l’incontro con bambini e ragazzi è una sferzata di energia. Questo avviene - non appaia un paradosso - più piccoli siano i bimbi con quel loro stupore rispetto anche a quanto a noi appare come ormai scontato. Ha scritto Alphonse Daudet: ”I poeti sono coloro che vedono ancora il mondo con gli occhi di un bambino”. Mi capita spesso di pensare - scusate la digressione - alla ragione per la quale oggi leggo meno poesie di quanto facessi nella mia giovinezza e ogni volta mi riprometto di farlo per rivedere il mondo anche da occhi diversi da quanto mi sia abituato nella routine quotidiana. Ma ritorno agli incontri vivificanti con i giovani: come non pensare - al di là della nostra vita - che saranno loro le generazioni future e quanto molte delle scelte di oggi peseranno su di loro? Mi viene in mente un accorato appello di quello scienziato e filosofo che fu Albert Einstein: “O Giovinezza: sai che la tua non è la prima generazione ad aspirare a una vita piena di bellezza e di libertà? Sai che tutti i tuoi antenati sentivano quello che senti oggi – e poi furono vittime dell'infelicità e dell'odio? Sai che i tuoi ardenti desideri si realizzeranno soltanto se saprai amare e capire uomini, animali, piante e stelle, così che ogni gioia sarà la tua gioia e ogni dolore sarà il tuo dolore?” Mi capita spesso di pensare a come sarà la Valle d’Aosta di domani e scorrendo la nostra Storia si osserva con facilità come ci siano stati, come dappertutto, degli alti e bassi che hanno impattato sulla comunità delle diverse epoche. Non esiste purtroppo una logica di crescita continua e a momenti d’oro sono seguiti momenti difficili. Pensiamo alla tomba economica, culturale e morale causata dal fascismo e la risalita grazie all’Autonomia con quella necessità di mantenerla e aumentarla, nel limite del possibile. Null’altro come questo cammino di 70 anni dimostra che cosa esattamente significhi il passaggio di testimone da una generazione all’altra. Penso a mio nonno e a mio papà e alla vita e all’alberto ancora più antico della mia famiglia e allo sviluppo di nuovi rami rappresentato dai miei figli. Questa continuità che ha radici e virgulti che mostrano come il presente sia quel passaggio fugace che ci proietta verso l’avvenire ed è per questo che dobbiamo creare le condizioni che consentano ai giovani di oggi di guardare al futuro con tranquillità. Sfugge ogni tanto, negli egoismi odierni, questa logica e lo vediamo con le scelte coscienti di chi, certo legittimamente, sceglie di compartecipare a quel gelo demografico che colpisce duramente con culle sempre più vuote. Invece, come non mai, avremmo bisogno di avere nascite che diano solidità alla comunità valdostana. Certo non in una logica di chiusura, ma consci di come esista un patrimonio di civiltà da mantenere e sviluppare anche naturalmente con qualunque apporto esterno. Ma se una pianta si secca e diventa improduttiva, buona per essere legna da ardere, è una perdita se la metafora è applicata alla vita umana da cui non ci si ripiglia più. Invece, quel che conta è il calore vivente della giovinezza, che si propaga verso la vita adulta. Scriveva George Bernanos: “È la febbre della gioventù che mantiene il resto del mondo alla temperatura normale. Quando la gioventù si raffredda, il resto del mondo batte i denti”. Bisogna evitare questo raffreddamento.