Ci vorrebbe una squadra affiatata per uno studio approfondito su quel vero e proprio fenomeno che è la Foire de la Saint-Ours. Servirebbe a spiegare come in un secolo questa manifestazione aostana sia passata da piccola fiera prevalentemente con oggetti utili per l’agricoltura all’enorme fiera odierna, che non ha eguali in tutte le Alpi per il suo gigantismo e la varietà di proposte. Uno storico potrebbe tracciarne la parabola ascendente dal dopoguerra ad oggi, originata fin dalla notte dei tempi o almeno da quando certi documenti medioevali la citano. Un sociologo potrebbe raccontare come venisse vissuta la sua presenza nel solo Bourg in epoca di una società contadina che scendeva da alcune vallate nel cuore della città “borghese” e segnalare come sappia oggi conquistare tutti nei due giorni. Un antropologo potrebbe spiegare come questo rito collettivo abbia dato vita ad oggetti artistici e no con uno stuolo di espositori che mostrano la varietà umana del mondo valdostano e anche la capacità di integrazione avuta. Tutto ciò nel nome di un mitico Santo e guaritore di cui non si sa molto e che ha superato in popolarità - ed è anche questa una sorta di paradosso - i Santi valdostani più importanti e autorevoli come Sant’Anselmo e San Bernardo. Misteri della fede. Comunque sia, questa Foire ha due pelli: la prima è quella diurna, che significa uno snodarsi in superficie di quello che ormai è un pigia pigia nelle strade del centro con centinaia di espositori di cui si vedono i banchetti spinti dalla folla. I più accorti arrivano non a caso presto al mattino e possono incontrare e guardare con una certa calma, godendosi la varietà di proposte e parlando con artigiani (termine che assume mille sfaccettature) ancora “freschi”. Vi è poi - seconda pelle - la dimensione notturna, che per gli habitué è prevalentemente sotterranea nelle famose cantine, un tempo più aperte alle visite e oggi appannaggio di combriccole di amici o a pagamento per frequentatori che sanno godersi la notte fonda. Bere bisogna saper bere e cantare anche, sapendo che l’indomani ci saranno conseguenze, ma è un prezzo da pagare per questa trasgressione. Ho seguito ormai un sacco di edizioni e alcune sono state memorabili. Penso di aver lasciato un piccolo graffio personale nella pellaccia dura della Foire. Ero Presidente della Regione quando chiesi per curiosità come mai la Foire si inaugurasse il 31 e cioè il secondo giorno e non il 30. Nessuno - anche i più conoscitori della storia della manifestazione - seppe darmi una riposta e allora proposi di fare la cosa più logica: inaugurare il 30 e non il 31! Da allora è così e sono fiero di questo cambiamento. Come inaugurare una fiera dopo un’intera giornata e nottata? L’altra curiosità è che la Chiesa festeggia Sant’Orso il 1 febbraio, dunque a Foire finita e quel giorno la tradizione mischia il santo con le…previsioni del tempo. Dice il proverbio, parlando dell’indomani dei giorni canonici della Foire: "Se féit solèi lo dzor de Sen t-Ors, l'iver dure incò quarenta dzor" ("Se fa bello il giorno di Sant'Orso, l'inverno dura ancora per quaranta giorni") ed in altra versione questo maltempo si esplicita perché l'orso mette fuori a seccare al sole il pagliericcio e poi torna di nuovo a dormire. Da notare appunto come nella tradizione popolare per questi detti si mischi il Santo con l'orso come animale simbolo della forza della Natura. Certo é che la Foire si lega con sicurezza a festività analoghe di questo periodo, a metà dell’inverno astronomico, fra il solstizio d'inverno e l'equinozio di primavera. Già lo facevano i Celti con la festa nota come "Imbolc" (che vuol dire "in grembo" con riferimento alla maternità pecore, anche se si celebrava la luce), i romani con le celebrazioni della dea Februa (Giunone) con le calende di febbraio e la "Candelora" (festa cattolica così definita anche perché si benedicono le candele), che in parte torna nel Nord America con il "Giorno della marmotta" (altro animale simbolico del risveglio). Insomma: tutto si mischia, nulla si butta via e ognuno ricicla in chiave moderna quanto lo ha preceduto, inseguendo il ritmo delle stagioni. Intanto quel che conta è andarci alla Fiera!