Ci sono evoluzioni della comunicazione politica che stupiscono. Non si finisce davvero mai di imparare, anche dopo anni di esperienza nel settore. Questo significa mantenersi vigili e scoprire filoni nuovi e aggiornarsi in un mondo che cambia, restando poi per molti versi - e non sempre per fortuna - immutato a causa della natura umana. Come sempre, il caso valdostano sembra utile come laboratorio di certe nuove tendenze e lo dico, per evitare ambiguità, con un pizzico di ironia. Specie in un periodo nel quale - per le continue instabilità di governo - non credo che chi fa politica in Valle d’Aosta e forse nel mondo terraqueo goda di grande popolarità e qualunque sia la sua storia personale conta poco per fare dei distinguo. Una volta esistevano i partiti. Non che non ci siano più, ma sono diventate creature fragili, conseguenza del fatto che le granitiche appartenenze del passato non ci sono più. Lo si vede da elettori che non seguono più una linea, ma saltabeccano dagli uni agli altri, azzoppando leader dopo averli fatti salire in cima. In più mancano risorse economiche, essendoci stata a suo tempo la scelta sull’onda populista che nessun finanziamento pubblico dovesse aiutare le organizzazioni politiche. Una volta i dibattiti su temi politici - che poi riguardano qualunque cosa! - si facevano soprattutto nelle assemblee, nel caso valdostano il Consiglio Valle, cuore della democrazia rappresentativa, almeno fino a quando il voto conterà qualche cosa. Ma l’attenzione dell’opinione pubblica, anche per colpa dei politici, non c’è più, malgrado le dirette dei lavori che stravolgono pure la dialettica interna. Molti infatti parlano solo a favore delle telecamere e non degli interlocutori in aula e dunque più che trovare sugli argomenti posizioni di compromesso si usa la benzina per appiccare i fuochi della polemica. La perenne campagna elettorale e l’idea di alcuni che la politica sia solo la ricerca del consenso per le elezioni che verranno di certo non aiutano. Certo una parte della comunicazione passa sui Social, ma non è facile farlo perché l’attenzione alla fine è minima e si passa avanti su qualunque tema che invecchia in poco tempo e ciò avviene senza troppi approfondimenti. In più la litigiosità intrinseca in questi dibattiti virtuali stravolge tutto e butta in vacca ogni reale confronto e ci sono distributori che si divertono a peggiorare le cose. Ma la novità più clamorosa viene da un vecchio strumento che vive ancora e anzi troneggia nella politica valdostana: il comunicato stampa. Che cosa sia lo sappiamo tutti, ma il nuovo uso - nelle mani di esponenti e di partiti - è fantastico, perché paradossale, perché offre visibilità eccessiva a chi in realtà conta poco per decisione degli elettori. C’è infatti chi o assente in Consiglio Valle o in opposizione con piccoli numeri inonda le redazioni di prese di posizione le più eclettiche che vengono riprese senza nessun filtro e soprattutto senza alcuna proporzionalità. Chi sfrutta questo filone con logica compulsiva, che fa da contrappunto a qualunque decisone democraticamente presa da chi governa, appare così più grande di quello che è. Quel che conta è apparire e questo avviene se poi c’è chi, in uno strano concetto di democrazia, dà loro spazi non corrispondenti alla loro reale rappresentatività. Il vecchio problema fra l’essere e l’apparire… Una situazione ridicola che falsa la comunicazione con giornalisti che spesso inconsapevolmente e talvolta consapevolmente diventano i megafoni del nulla. Mai proposte, solo proteste o critiche, verso chi le cose le cose le fa: una politica di rimessa facile e comoda.