Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
14 apr 2023

Morte sulle cime

di Luciano Caveri

SIGNORE DELLE CIME (Bepi de Marzi) Dio del cielo, signore delle cime un nostro amico hai chiesto alla montagna ma ti preghiamo, ma ti preghiamo, su nel paradiso, su nel paradiso, lascialo andare per le tue montagne. Santa Maria Signora della neve, copri col bianco soffice mantello, il nostro amico, il nostro fratello, su nel paradiso, su nel paradiso, lascialo andare per le tue montagne.

Mi ha colpito e addolorato la tragica notizia della valanga precipitata sul gruppo di alpinisti, che era impegnato nel corso guide valdostane nella zona della Tsanteleina, la vetta situata alla testata di valle della Val di Rhêmes. Sotto la neve - già solo scriverlo è difficile, pensando ai precedenti versi della canzone che ha accompagnato tanti momenti tristi - sono morte tre aspiranti guide. Elia Meta, 37 anni, appuntato della guardia di finanza, Sandro Dublanc, 44 anni maestro di sci a Champorcher e il campione di scialpinismo di Bormio, 39 anni, Lorenzo Holzknecht, cui rendo omaggio. È stato come un flash che mi ha riportato indietro negli anni ad una estate che mai dimenticherò, quand’ero un giovane cronista RAI. Era il 1985: sei giovani alpinisti dai 18 ai 33 anni, cinque aspiranti guide ed il loro istruttore, morirono scalando la parete del "Lyskamm", sul massiccio del Rosa. Ricordo quel rientro in elicottero, dopo aver "girato" il servizio, con il capo del Soccorso alpino valdostano, Franco Garda, ed il medico Carlo Vettorato che piangevano disperati, seduti sul velivolo giusto di fronte ai sacchi con alcune delle salme appena recuperate. A tanti anni di distanza torna, in circostanze diverse, una sciagura che falcidia alpinisti di grande capacità, altrimenti non sarebbero stati pronti all’ultimo passo verso la professione di guida alpina. Guide che restano in assoluto l’élite del professionismo, acquisendo nella loro formazione, che continua negli anni, livelli di assoluta eccellenza, che purtroppo non li preserva del tutto dai pericoli insiti nel loro lavoro. Trovare le parole, pensando allo strazio delle famiglie, delle loro comunità e dei loro amici, è difficile e grava sempre nei commenti il rischio della banalizzazione o della retorica melensa. Ricorda Reinhold Messner: “Non si può mai dominare la natura, l’alpinista deve assumersi le proprie responsabilità e non dare la colpa alla montagna”. Chi vive in montagna, la ama e la conosce sa bene quanto il rischio pesi in alta quota e come, malgrado le necessarie accortezze, esista sempre l’imponderabile. Capita, nello spiegare l’ambiente montano, di usare l’aggettivo “ostile” e di essere corretti da chi delle Alpi ha una immagine da cartolina. Mentre l’aggettivo è giusto perché anche posti meravigliosi possono diventare in un istante nemici in determinate circostanze e il rischio non si azzera mai. Chi affronta le cime lo mette in conto. Ma quando avviene un dramma è sempre un colpo al cuore.