Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
19 apr 2023

Il Nord Ovest e il rebus dei trafori

di Luciano Caveri

Leggo sempre con curiosità e a volte con stupore quanto si dice e si scrive sul Traforo del Monte Bianco, di cui credo di essere - e non solo per una questione anagrafica - fra i pochi che ne hanno studiato la storia sin dalla progettazione e a conoscere anche le vicende degli ultimi 40 anni, che sono interessanti e servono a districarsi. Curiosità: perché il Bianco fa parte di un sistema complesso dei trasporti in particolare a vantaggio del Nord Ovest, ma in realtà a servizio di diverse rotte. Nel nostro caso gran parte del traffico che ci riguarda ruota attorno al valico di Ventimiglia, al traforo del Fréjus (raddoppiato alla fine di quest’anno) e appunto al nostro traforo, che aprì nel 1965 per il solo traffico turistico ed è stato, infine, assaltato dal traffico pesante. Stupore: quando si mischiano i lavori obbligatori da fare sul tunnel perché invecchiato (e dunque necessitano interventi strutturali profondi con chiusura di tre mesi per circa 18 anni con le attuali tecnologie) con l’eventualità discussa da tempo del raddoppio. Scelta che riguarderebbe, se fosse in parallelo, un orizzonte di almeno 10 anni per scavarlo (per il Fréjus ne sono occorsi una dozzina da inizio lavori) e dunque non c’entra con la modernizzazione indispensabile e urgente di quello già in esercizio. Non bisogna mischiare le mele con le pere. Sul raddoppio i francesi, con cui va stipulato un accordo internazionale ratificato dai rispettivi Parlamenti e bisogna concordare il progetto, non ci sentono e mi pare che segnali di apertura Oltralpe non ci siano. A meno che non ci siano trattative in assoluta segretezza e un’inversione a U dei nostri cugini. Pure la nuova direttiva sulla Rete Transeuropea dei Trasporti (di cui fa parte il Bianco), appena votata dal Parlamento europeo e che ora va al trigono con Commissione e Consiglio, non fa cenno - purtroppo, mi vien da aggiungere - a opere su questa direttrice e dimostra un’inerzia che non è certo colpa dei valdostani. Tocca all’Italia e alla politica nazionale porre la questione a Parigi e a Bruxelles, evitando atteggiamenti muscolari ma trovando una soluzione ragionevole. Personalmente dubito - ma si tratta di una posizione personale, ma motivata - che la soluzione possa essere il raddoppio in parallelo del traforo attuale. Sapendo che le linee dell’Unione europea obbligano all’utilizzo di metodi intermodali che sono la stella polare della politica comunitaria, specie per l’attraversamento della barriera alpina. Lo dico con pieno rispetto per chi crede, invece, che il dossier sia facile e che i francesi saranno malleabili sul punto e che i politici che chiedono, come me, decisioni rapide ma concertate siano dei perdigiorno. Chiedo solo che chi ne discute lo faccia conoscendo le cose e non con posizioni fotocopia tipo catena di Sant’Antonio, fatte di mugugni e pure di un vago disprezzo per chi afferma quanto il dossier sia complesso. Personalmente non sono certo per rallentare ma per accelerare, sapendo che una soluzione va trovata in fretta, perché i tempi sono lunghi per fare dei trafori ovunque li si posizionino. Esiste a questo proposito un tema capitale che spinge a decidere e cioè la possibilità che la famosa nuova direttrice ferroviaria Torino-Lione (uno degli alibi francesi per non decidere) possa essere completata solo nel 2045 (ho scritto giusto!) e non nel previsto e già tragico rispetto alle previsioni 2034. Cito una parte di articolo di Batiactu: ”Alors que le Gouvernement travaille à une nouvelle trajectoire de ses investissements dans les mobilités, les élus des territoires traversés par le Lyon-Turin ferroviaire s'inquiètent de la proposition du Conseil d'orientation des infrastructures de reporter la livraison des voies d'accès au tunnel de base. Une soixantaine de parlementaires de tous bords ont choisi d'interpeler le président de la République, pour "lever les pesanteurs" qui freinent le projet”. Traggo da altra fonte, Lyon Capitale: “Le Comité d’orientation des infrastructures (COI) a rendu son rapport sur les projets de transports à la Première ministre Élisabeth Borne. Or cette dernière a annoncé prendre pour base de travail le scénario de "planification écologique". Ce dernier propose de multiples mesures en France, dont certaines sur le Lyon-Turin. Parmi celles là : repousser la construction de nouvelles voies d'accès au tunnel transfrontalier à 2045 et donner la première place à la modernisation de la ligne existante entre Dijon-Modane”. Commento importante: ”La Transalpine, l’association réunissant les acteurs défendant le Lyon-Turin, a réagi : "les propositions alternatives du COI tendent à pérenniser, sur la base de calculs théoriques à mille lieues des réalités ferroviaires locales, la ligne historique Dijon-Modane qui ne correspond en rien aux engagements de la France ni aux objectifs de report modal du Lyon-Turin tel qu’il a été conçu avec nos partenaires internationaux." Elle déplore aussi "le risque d’une telle aberration écologique et économique qui fait peu de cas de l’avis des parlementaires et des collectivités des territoires concernés, des acteurs économiques, des opérateurs ferroviaires, de la Fédération Nationale des Associations d’Usagers des Transports, de l’Union internationale du transport combiné rail-route." Insomma: è ora di muoversi e basta con questa storia dei poteri locali che boicotterebbero. Bene compartecipare alle scelte, ma certe responsabilità nazionali ed europee riguardano altri soggetti e il caso di scuola della Val di Susa, cui si sta affiancando la protesta della Vallée de la Maurienne, dimostra che le popolazioni vanno comunque coinvolte.