Gira che ti rigira alla fine molte comparazioni che riguardano il territorio valdostano guardano obbligatoriamente verso Trento e Bolzano, le due Province autonome sono - fra i territori italiani che godono di un’autonomia speciale - quelli più simili a noi. Per questo leggo ogni giorno le notizie che vengono dal Trentino-Alto Adige/SüdTirol e trovo sempre argomenti interessanti e di questi tempi spicca la questione dell’orso e già da tempo gli interventi loro, talvolta concertati con noi, sul lupo è la sua espansione. Leggevo in queste ore di questa preoccupazione che ci accomuna sul Corriere dell’Alto Adige: “Circa l’80% delle aziende alpicole altoatesine vede nel ritorno dei grandi predatori la sfida principale da affrontare. Per fare un paragone, la scarsità d’acqua è percepita come un problema da meno del 20%. L’analisi, pubblicata dall’Istituto ricerca economica della Camera di commercio di Bolzano, ha riguardato 420 aziende alpicole attive. Un tema, purtroppo, tornato drammaticamente d’attualità dopo quanto successo a Caldes. In Alto Adige, da sempre gli agricoltori chiedono maggiori tutele per gestire lupi e orsi: le misure di tutela considerate più urgenti sono soprattutto la regolazione della popolazione di animali pericolosi, l’eliminazione di quelli problematici e la realizzazione di zone senza la presenza di lupo. Anche perché difendersi significa far aumentare le spese di manutenzione. Lo ha ribadito il presidente del Bauernbund Leo Tiefenthaler: «L’alpicoltura tradizionale è incompatibile con la diffusione dei grandi predatori: senza una regolazione puntuale di queste specie, gli animali non saranno più estivati e i pascoli alpini saranno abbandonati, con conseguenze devastanti per il paesaggio, la biodiversità e il turismo»”. Sono tali e quali - per fortuna sinora senza l’orso - gli argomenti a difesa dei nostri alpeggi e del ruolo capitale di conservazione di ampi spazi del territorio montano. Ma, per alcuni è cioè soliti noti ambientalisti della domenica e degli animalisti salottieri, a dar fastidio sono le attività umane e gli animali allevati sono evidentemente considerate creature di serie B, adatte al sacrificio in nome dei predatori. Ancora l’articolo, che cita un mio vecchio amico: “Sul tema è nettissimo anche il presidente della Camera di commercio, Michl Ebner: «Il lupo è attualmente una delle principali minacce per gli animali estivati e poiché non è più a rischio di estinzione, il quadro giuridico dovrebbe essere adattato per consentire la regolazione della popolazione e creare zone prive di lupi». E proprio la regolamentazione dell’abbattimento dei grandi carnivori è uno dei dossier aperti tra la Provincia, il governo nazionale e l’Unione europea: «La conservazione dell’alpicoltura è uno degli obiettivi principali a livello politico ed è di conseguenza sostenuta anche con sovvenzioni. Tuttavia, l’alpicoltura rimane una sfida e ne siamo consapevoli. Per quanto riguarda il problema dei grandi predatori, la situazione attuale in Trentino ha dimostrato quanto sia difficile regolarli. È quindi importante lavorare insieme ad ogni livello. Da parte mia, continuerò ad impegnarmi affinché le aziende alpicole mantengano il loro importante ruolo anche in futuro». Possibile che certe necessità non vengano capite e basta scrivere qualcosa sugli abbattimenti selettivi e ci si trova di fronte ad una cabra di polemiche e di insulti sui Social? Ritrovo una vecchia intervista, assai illuminante, fatta da Matteo Nicco su la Repubblica, allo scrittore e filosofo basco,Fernando Savater, in cui si occupa degli animalisti l’antispecismo, forma radicale dell’animalismo, che promuove con toni che arrivano all’abbruttimento della natura umana nella visuale del superamento del cosiddetto specismo, ovvero della concezione secondo la quale la specie umana è superiore a livello ontologico e morale rispetto alle altri specie animali. Savater: «Il problema dei nostri giorni è che, soprattutto in città, non si sviluppa più alcuna relazione con gli animali. Io ho conosciuto una Spagna rurale. Qui fuori, sulla Gran Via, passavano le pecore per la transumanza. Oggi si conoscono solo gli animali di Walt Disney e si stenta a vedere in cosa essi siano diversi dagli uomini. Ciò ha portato a una sorta di antropomorfizzazione degli animali. Una tendenza che spinge ad accreditare le forme più estreme di animalismo, come l' antispecismo di Peter Singer, ossia l' idea che tra le specie animali non ci siano distinzioni di sorta». E ancora: «Non distinguere gli uomini dagli altri esseri viventi è nefasto. Perché la morale riguarda solo gli esseri umani. Purtroppo però ormai si tende a scambiare la morale con la compassione. Ora, la compassione è un sentimento buono, per carità, e tuttavia non è la morale. Vede, è molto più semplice di quanto si creda. Mettiamo che passeggiando trovo un passerotto caduto dal nido. So che è in pericolo e poiché sono persona compassionevole, lo raccolgo e lo metto in salvo. Questo è molto bello. Ma è ben diverso dal caso in cui io mi imbattessi in un neonato abbandonato per strada. Lì non si tratta di compassione. Io ho il dovere morale di occuparmene. Questa differenza non la intendono gli antispecisti. Singer è arrivato a dire che se mi trovo di fronte un bambino con tare mentali o fisiche irreversibili e un vitello in perfetto stato devo scegliere il vitello e sopprimere in culla il bambino senza farlo soffrire». L’estremismo è una brutta storia e investe con la sua forza bruta ogni forma di razionalità e ciò avviene anche nel ragionare sul rischio vero che sulle Alpi non ci siano limiti alcuni allo sviluppo di predatori senza competitori, che non sia l’uomo.