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12 mag 2023

Quando le regole sono sostanza

di Luciano Caveri

Non sono mai stato un ‹àrbiter eleġanzi̯àrum› (tradotto dal latino.«arbitro delle eleganze») quell’appellativo che - da Treccani - viene usato oggi, spesso ironicamente, “a proposito di persona raffinata e ricercata nel vestire; dato da Tacito (ma nella forma elegantiae arbiter, Annali XVI, 18) a un Gaio Petronio, identificato di solito con Petronio autore del Satyricon”. Non credo neanche di essere mai stato un maniaco del Galateo, che racchiude in sé tutte le norme e buone usanze che ogni persona dovrebbe seguire nelle varie situazioni pubbliche, siano esse momenti particolari della vita di ogni individuo (matrimoni, feste o lutti), oppure situazioni più comuni, come cene in un ristorante, incontri con un amico, viaggi e doni. Galateo la cui origine viene dall’opera scritta da Giovanni Della Casa, pubblicata postuma nel 1558 e intitolata, appunto, Galateo overo de’ costumi. Vi è poi - altro riferimento - il Cerimoniale (dal latino caerimōnĭa ‘venerazione delle cose sacre, culto’), che ho visto all’opera nella sua versione laicizzata nei miei ruoli nella sfera pubblica. Si tratta del complesso delle norme e procedure, scritte o tradizionali, che presiedono alla celebrazione di un atto solenne, avente carattere civile o religioso, o che sono imposte in determinati ambienti e circostanze, tipo incontri e manifestazioni. Si può usare, abbastanza sovrapponibile, anche il termine Protocollo e cioè nient'altro che un regolamento, un manuale di regole e costumi da seguire. Vi è infine in termini più generali l’Educazione (dal verbo latino educĕre o educare,entrambi con il significato di «trarre fuori») è l'attività, influenzata nei diversi periodi storici dalle varie culture, volta allo sviluppo e alla formazione di conoscenze e facoltà mentali, sociali e comportamentali in un individuo. Da qui il tratto distintivo fra educato e maleducato, che dice più di mille parole. Cosa c’entra questo ragionamento? Queste diverse materie che fissano paletti nei comportamenti personali e sociali rischiano ormai nella quotidianità di essere spazzati via, come se si trattasse di cascami del passato da sradicare in una logica dell’informale, del casual e persino dell’inciviltà, come apparente e salvifica rottura di schemi tradizionali. Non sono d’accordo: ci sono regole, usi, costumi, consuetudini, prassi che dal piccolo al grande, dal privato al pubblico devono inquadrare la nostra vita, pur nel rispetto dei cambiamenti e nell’eliminazione di quanto palesemente obsoleto. Certo “rompete le righe” che vedo in giro è solo barbarie. Lo vedo, riprendendo i punti, dal look (come si dice oggi) e cioè da persone che in circostanze in cui si richiederebbe un certo abbigliamento scelgono una mise del tutto stridente. Idem per il Galateo con certe situazioni a tavola in cui si rompe ogni logica di bon ton su questioni essenziali di postura e di uso - che so - di forchetta e coltello. Che dire poi del Cerimoniale e del Protocollo, che spesso vengono come stracciati in occasioni importanti con imbarazzo generale o peggio ancora con difficoltà di capire come esattamente ci si debba comportare per evitare errori o cattive figure. A cappello di tutto, ma questo dovrebbe essere anzitutto appannaggio della famiglia, c’è l’Educazione sulla quale credo sia inutile un eccesso di spiegazione, sapendo che vola alto nelle speranze di noi genitori. Se non un ragionamento della scrittrice Natalia Ginzburg: ”Per quanto riguarda l'educazione dei figli, penso che si debbano insegnar loro non le piccole virtù, ma le grandi. Non il risparmio, ma la generosità e l'indifferenza al denaro; non la prudenza, ma il coraggio e lo sprezzo del pericolo; non l'astuzia, ma la schiettezza e l'amore alla verità; non la diplomazia, ma l'amore al prossimo e l'abnegazione; non il desiderio del successo, ma il desiderio di essere e di sapere. Di solito invece facciamo il contrario: ci affrettiamo a insegnare il rispetto per le piccole virtù, fondando su di esse tutto il nostro sistema educativo”.