I jeans sono stati e sono ancora, pur con stili differenti, un grande classico dell’abbigliamento, oggi facilitato dall’utilizzo in tante occasione di un abbigliamento casual, cioè più informale di quanto avvenisse in passato. Il grande stilista Yves Saint Laurent diceva: ”Vorrei aver inventato i blue jeans: la cosa più spettacolare, più pratica, più comoda e disinvolta. Hanno espressione, modestia, sex appeal, semplicità − tutto ciò che desidero per i miei vestiti”. Il semiologo Ugo Volli così conferma: “Infinite sono le possibilità di indossare i jeans e altrettanti numerosi i modi di farlo, di dar senso a questo pantalone che nel corso del tempo è diventato il “significante puro” del guardaroba disponibile ad assumersi i più diversi significati. Lavoro e tempo libero, gioventù e virilità, seduzione e comodità trasandata, rivoluzione e rimpianto dei bei tempi del West, americanismo e anti, eleganza e povertà”. Perché ne scrivo? In queste ore è un compleanno. Ho letto su questo Luca Josi su Oggi: “Perché 150 anni fa, il 20 maggio del 1873, nel pieno della caccia all’oro californiana, un sarto di origini lettoni, Jacob Davis, convinse un mercante di abbigliamento di origini bavaresi, Levi Strauss, padrone di una fabbrica d’indumenti ben avviata (la Levi Strauss & Co), a brevettare a San Francisco il primo modello di jeans: cinque tasche in tessuto denim, rinforzato con rivetti in rame e decorato con la classica salpa posteriore; numero di registro 139.121! Nome “XX””. Josi, genovese, ricorda poco prima l’origine dei blue jeans “o i “Blu di Genova” come dovrebbero chiamarsi in epoca di sovranismo lessicale”. Più avanti approfondisce con poche righe illuminanti: “Da dove nasce il mito di questo tessuto, forse il più commercializzato del pianeta? Da una Repubblica marinara, Genova che, già nel pieno Medioevo, utilizzava il progenitore di quel tessuto, color indaco, per proteggere sotto l’armatura i suoi balestrieri (i tiratori di balestra, una sorta di evoluzione tecnica dell’arco). Città di commercio e mercato, centrale di importazione di cotone e di esportazione di fustagni, tele e orditi di pregio, Genova proteggeva i suoi preziosi carichi tessili imballandoli con un tessuto, un fustagno color blu resistente anche all’acqua, che fece riconoscere quei prodotti provenienti dal capoluogo ligure come “Jeane” (ovvero, la vista di quel blu faceva etichettare l’intera merce in arrivo come genovese). E più o meno questa dovrebbe essere l’origine di quel nome legato alla manifattura di una tela che poi prenderà strade diverse a seconda dei luoghi della sua lavorazione; i genovesi delegheranno al Piemonte canavese la produzione del loro fustagno, mentre a Nîmes si darà vita al “Blue de Nîmes” “. Josi scava infine nella storia: ”Due secoli dopo, nel 1860, ritroveremo il jeans addosso alle uniformi de “I Mille” di Garibaldi impegnati a combattere per l’Unità d’Italia. E con un certo gioco della storia, 150 anni dopo, sarà pronto ad accogliere in una sua tasca un’altra Unità, quella del quotidiano fondato da Antonio Gramsci, per la pubblicità di Oliviero Toscani (che citava forse se medesimo da una precedente, celeberrima immagine di una campagna del 1970: «Jeans Jesus: chi mi ama mi segua»). In realtà, il jeans arriverà sui giornali già nel 1935 con la prima inserzione su Vogue acquistata dalla Levi’s. Quella tela diventerà il minimo comune denominatore di un’epoca. Lo indosserà nel 1943 la modella Mary Doyle Keefe nello storico ritratto di Norman Rockell per la propaganda bellica. E dall’immaginario dell’eroe dei due mondi si passerà a quello globale di James Dean, Jack Kerouac e della Beat Generation per arrivare alla Hollywood di Elvis Presley e Marlon Brando. Nel 1971 sarà protagonista della copertina di Sticky Fingers dei Rolling Stones disegnata da Andy Warhol, mentre in Italia lo incontreremo nella letteratura di Pasolini e poi di Moravia. Nel ‘68 eccola divisa militante della rivoluzione giovanile e qualche lustro dopo indossata da un Gianni Agnelli versione casual o motivo di ritardo nella consegna del primo incarico di governo a Bettino Craxi (il presidente della Repubblica Sandro Pertini, nel 1979, lo mandò a cambiarsi perché il giovane leader si era presentato al Quirinale, precipitatosi di ritorno da un viaggio all’estero, in giacca e jeans); saranno i calzoni per il ranch di Ronald Reagan e tenuta informale per Obama e Putin” Insomma: un pezzo di Storia ha indossato i blue jeans!