La riproduzione della musica, nel senso più vasto possibile, è davvero un segno dei tempi e testimonia quanto dico in molte occasioni e cioè che un segno contemporaneo è la clamorosa e talvolta folle corsa all’innovazione tecnologica. Le invenzioni in passato si protraevano per secoli, prima di essere a loro volta innovate o sostituite, mentre oggi tutto cambia in un battibaleno. Per la musica io ho visto il giradischi (ma vedendo ancora il grammofono) e poi il mangiadischi (portatile!), il mangiacassette (in auto assieme alla radio), il walkman e poi vari altri aggeggi sempre più piccoli oggi ormai integrati al telefonino. Lo stesso vale per i supporti, dai dischi alle cassette, sino alla loro sparizione in favore delle varie piattaforme, che sono dei mostri che ti profilano e ti propongono, spiando i tuoi gusti, playlist perfette. Vien da ridere a pensare quando ascoltavo la notte con una radio gigantesca Radio Lussemburgo in onde corte per sentire canzoni alla moda (che corrispondevano alle hit in discoteca, locale ormai rottamato) o dalla radio trasferivo, con vari accrocchi, sulle cassettine le musiche mixate malamente: quando cominciai a lavorare in radio queste registrazioni guadagnarono in qualità, manovrando i piatti dei giradischi e sfumando e alzando i cursori del mixer per passaggi ben fatti da un brano all’altro. Le musiche poi, da giornalista radiotv, erano essenziali per fare dei bei reportage o per certe rubriche radiofoniche. Alla Rai, ancora in via Chambéry ad Aosta, mi immergevo in mezzo ai dischi, in un appartamento al terzo piano del palazzo, e mi beavo nella scelta, come ho fatto quand’ero responsabile dei Programmi, ma ormai con i CD, altro supporto ormai defunto. Oggi la scelta è varia e puoi trovare il mondo con un semplice clic, sempre più pagando, com’è giusto che sia, visto che la musica è un prodotto dell’ingegno che va remunerato. La musica accompagna la mia vita: la ascolto in auto, correndo, a casa. E’ davvero una colonna sonora che è come un fiume che scorre, aggiungendo novità al repertorio costruito con le proprie orecchie nel tempo. Amo l’aspetto rievocativo, che consente con poche note o poche strofe di avere subito alla memoria episodi del proprio vissuto. Ho visitato Paesi e, fra le tante cose rimaste, come segno vitale ci sono quelle musiche ascoltate.Per cui ha ragione Milan Kundera a dire che “La musica: una pompa per gonfiare l’anima”, ma non si può dare torto a Oscar Wilde: “La musica è l’arte che è più vicina alle lacrime e alla memoria”. Ma esiste anche un aspetto liberatorio, così espresso da Elias Canetti: “Quanto più fittamente la terra si popola, e quanto più meccanico diventa il modo di vivere, tanto più indispensabile deve diventare la musica. Verrà un giorno in cui essa soltanto permetterà di sfuggire alle strette maglie delle funzioni, e conservarla come possente e intatto serbatoio di libertà dovrà essere il compito più importante della vita intellettuale futura”. La battuta più fulminante e veritiera è di Luciano De Crescenzo: “Quello che manca nella vita è il sottofondo musicale. Se esistesse ci accorgeremmo in tempo di quando un'automobile sta per investirci, o, peggio ancora, di quando stiamo per innamorarci”. Di questi tempi di diverte molto la grande Mina, che dal fondo del suo eremo svizzero, ha incrociato Blanco e, dall’alto dei suoi 83 anni, straccia tutti cantando “Un Briciolo di Allegria” con un papapapapapapa finale che scalda il cuore.