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30 mag 2023

Baciarsi…sull’altalena

di Luciano Caveri

“Internazionale” offre un ampio spettro dei giornali del mondo e, per fortuna rispetto alla terribile serietà dei temi che riguardano la nostra umanità, emergono come chicche gioiose degli articoli che interessano e un po’, per gli argomenti trattati. sorprendono se non divertono. Per cominciare una dotta dissertazione di Javier Moscoso sull’altalena, che va ben al di là della nostra infanzia, quando questo ondeggiare mi piaceva moltissimo. Così esordisce l’articolo: ”Prima di arrivare in tutti i parchi giochi urbani del novecento, l’altalena è stata per secoli uno strumento rituale di guarigione, castigo e trasformazione. Attraverso i suoi movimenti ripetitivi e frastornanti, è stata usata per celebrare divinità ed entità leggendarie, allontanare il maligno, placare impulsi suicidi, curare malattie mentali, affermare il proprio dominio sessuale e tormentare chi era accusato di pratiche occulte. La sua funzione più profonda, però, è sempre stata quella della trasformazione: sotto l’incantesimo del suo moto oscillatorio, l’altalena ci spinge a mettere in discussione il mondo che conosciamo, con le sue gerarchie e i suoi ritmi prestabiliti. Andare sull’altalena non vuol dire semplicemente giocare, ma aprire spazi di disorientamento con la trasgressione. Cosa significa raccontare la storia di questo oggetto? L’altalena ci rivela come una cosa nata per disorientare sia stata strumentalizzata per tutto l’arco della cultura umana, apparendo in culture e territori diversi. Ma non è solo la storia di un oggetto. È anche quella di tante storie non raccontate, di corpi in movimento che cercano di svelare gesti dimenticati, trascurati o nascosti. La storia umana non è fatta soltanto di parole e oggetti. L’altalena ci permette di cominciare a raccontare la lunga vicenda culturale di un dondolio che attraversa il tempo e lo spazio. Già a un primo sguardo, l’altalena spunta nei luoghi più inaspettati. Compare nelle feste dell’antica Grecia e nelle pitture rupestri realizzate nell’India occidentale durante il quinto secolo. È illustrata nelle pergamene cinesi della dinastia Song, che risalgono all’undicesimo e al dodicesimo secolo. È il soggetto di dipinti indostani e punjabi come Lady on a swing in the monsoon (1750-75), in cui una donna si dondola gioiosa con gli abiti che svolazzano mentre in lontananza si addensano nubi oscure. È citata perfino nella storia delle origini della festa del nowruz, il capodanno persiano: si racconta che le persone si dondolassero sull’altalena per imitare il leggendario Sash Jamšīd che guidava il suo carro nel cielo. È presente nella vita della dinastia tailandese Chakri del diciottesimo secolo, perché re Rama I ne fece costruire una gigantesca. E si ritrova un po’ ovunque nelle pagine della letteratura e della filosofia occidentale, da Così parlò Zarathustra di Friedrich Nietzsche (1883-85) a Il ramo d’oro di James George Frazer (1890), dai Tre saggi sulla teoria sessuale di Sigmund Freud (1905) a Homo ludens di Johan Huizinga (1938)”. Poi lo straordinario storitelling che colpisce proponendo un viaggio nei millenni e nei costumi di popoli diversissimi fra loro con un’osservazione finale: ”L’altalena, un capitolo dimenticato nella storia dell’umanità, è intrecciata di mitologie e processi rituali. Che si parli di Grecia classica, Persia antica, Cina preimperiale o antico Egitto, è permeata dalla presenza di tratti comuni e miti condivisi: ebbrezza, amore, omicidio, suicidio e ambizione ruotano tutti intorno a un impulso irrefrenabile, come quello di Erigone che s’impicca dopo aver trovato la salma del padre. D’altro canto, queste storie e leggende non sarebbero nulla senza il processo sociale su cui s’innestano, senza le forme collettive e ritualizzate che permettono di raccontare e tramandare storie simili tra loro. Attraverso l’altalena e l’atto del dondolarsi riusciamo a vedere in quali forme la cultura comune e le norme sociali si proiettano nel corpo, ritualisticamente e impercettibilmente. Perché, dunque, andiamo sull’altalena? Lo strumento che popola i nostri parchi giochi è arrivato fino a noi, ma le sue origini ci sfuggono. La sopravvivenza dell’atto del dondolarsi come gesto comune non può essere spiegata facendo riferimento a una storia ancestrale da cui banalmente deriverebbe ogni nuovo movimento. Le origini della nostra predilezione per questo gesto non sono annotate su nessun registro. Si perdono tra le nebbie della leggenda, molto prima che qualcuno si preoccupasse di disporre gli eventi su una scala cronologica”. Nelle pagine seguenti spunta un altrettanto singolare articolo di Michael Le Page di New Scientist sul bacio o meglio con questa distinzione: ”Gli scienziati distinguono tra due tipi di baci: quello amichevole-familiare e quello romantico-sessuale. Il primo tipo, scrive Science, è diffuso tra gli esseri umani ovunque e in qualsiasi epoca. Il secondo, invece, non è universale ed è presente soprattutto nelle società stratificate“ Poi le spiegazioni: ”Una nuova ricerca basata sui testi antichi, pubblicata su Science, sostiene che l’abitudine di baciarsi appassionatamente era già diffusa almeno 4.500 anni fa in Mesopotamia e in Egitto. La nascita dei baci legati alla sfera romantica e sessuale è al centro di un animato dibattito. Secondo alcuni esperti, le prove più antiche risalgono a dei testi in sanscrito scritti nella penisola indiana circa 3.500 anni fa. Da lì i baci si sarebbero poi diffusi nel resto del mondo, favoriti anche dall’espansione dell’impero di Alessandro Magno”. Più avanti: “Nuove prove emerse in Mesopotamia e in Egitto, però, suggeriscono che il bacio romantico-sessuale nacque in vari posti e non si diffuse all’improvviso da uno solo al resto del mondo, spiega Troels Pank Arbøll dell’università di Copenaghen, in Danimarca: “L’abitudine di baciarsi esisteva in un’area molto più vasta di quanto si pensasse finora”. Le poche persone capaci di leggere la scrittura cuneiforme, usata da varie antiche civiltà, lo sapevano da tempo, ma solo loro, aggiunge Arbøll. “Neanche la comunità scientifica ne era a conoscenza, perché le prove non erano state divulgate”. Così lui e la moglie, la biologa Sophie Lund Rasmussen dell’università di Oxford, nel Regno Unito, hanno deciso di pubblicare un articolo per diffondere le prove finora ignorate. Negli scritti mesopotamici i riferimenti ai baci sono scarsi, ma da quei pochi che ci sono si evince che baciarsi era considerato normale all’interno delle relazioni intime, dice Arbøll”. E ancora: ”Tuttavia, da uno studio condotto nel 2015 da William Jankowiak e dai suoi colleghi dell’università del Nevada a Las Vegas, negli Stati Uniti, non sono emerse evidenze di baci tra amanti nelle società di cacciatori-raccoglitori. “Secondo me furono inventati o scoperti dalle élite delle società complesse”, afferma Jankowiak, “che potevano permettersi di perseguire il piacere e di trasformare il sesso in un incontro erotico. Lo studioso aggiunge che i baci sono più diffusi nelle regioni fredde, forse perché il corpo è coperto da vestiti e la faccia è l’unica parte che si può toccare”. Altalena e baci: in tutte le cose, come nei nostri comportamenti, è doveroso scavare, mettendo assieme puzzle estremamente complessi e speriamo veritieri.