Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
14 giu 2023

L’ascia di guerra

di Luciano Caveri

L’atto di "seppellire l'ascia di guerra" era un rituale praticato da alcune tribù di nativi americani, che noi chiamiamo, sbagliando, in due modi. Uno è “pellerossa”, espressione coniata dal navigatore Giovanni Caboto nel 1497, per indicare le popolazioni di Terranova, che si dipingevano il volto e il corpo di rosso. Questa parola venne estesa - diventando espressione proverbiale - a tutti gli indigeni dell'America Settentrionale. C’è poi la parola “indiani”, che risale invece a Cristoforo Colombo e alle sue scoperte, derivata dall’errata corrige convinzione del grande navigatore di aver raggiunto le coste dell'India L'idea di seppellire l'ascia di guerra - torno al punto - era espressione simbolica e rappresentava la fine di un conflitto o di un periodo di guerre tra tribù. Era un gesto di pace e di riconciliazione, una dimostrazione di impegno per porre fine agli scontri e vivere in armonia. Ci pensavo rispetto alle divisioni e alle separazioni patire nell’area politica autonomista e di cui altri hanno goduto. Vale sempre, in diverse epoche, per i valdostani il rischio dei dissidi interni. Viene in mente il motto latino “divide et impera” (dividi e conquista) con cui si vuole significare di come la divisione, la rivalità, la discordia in seno ai popoli giovino ovviamente solo a chi voglia dominarli. Siamo vicini ormai ad una soluzione e l’ultima parte del cammino è sempre la più difficile. Bisogna non distrarsi perdendo la meta e diffidare di chi indica percorsi sbagliati con logica da guastatori e lo fa con la solita e ormai grottesca logica divisiva. Ma soprattutto, come da incipit, bisogna isolare chi l’ascia di guerra, per sue ragioni, la vuole tenere e brandire. L'unità è da considerarsi una fonte di forza significativa. Quando le persone si uniscono verso un obiettivo comune, possono superare sfide difficili, raggiungere risultati più significativi e creare cambiamenti positivi. L'unità può fornire supporto reciproco, incoraggiamento e solidarietà, e può aiutare a costruire relazioni più solide e durature. Resto convinto della forza dell’unità. Se gli autonomisti si uniranno, metteranno assieme le loro abilità, le risorse, le energie, per affrontare meglio le sfide, superando le divisioni e lavorando insieme per il bene comune. Si può essere uniti con diversità di opinioni, cercando punti di equilibrio nelle decisioni da assumere attraverso la comprensione reciproca e il rispetto come regola statuita e ben chiara. In fondo non è niente altro che la democrazia.