Egregio direttore, la posizione assunta dal CAI sulla presenza di croci sulla vette delle nostre montagne ha sollevato una questione sia di metodo che di merito, al riguardo ecco una mia breve riflessione: Il politicamente corretto è la cancel culture si affacciano anche quassù e raggiungono le cime dei monti accompagnati per giunta da strumentali letture di parte. Dinamiche, queste, di cui il Monte ritengo non senta la mancanza. Stiano in basso, quassù non ne abbiamo bisogno, abbiamo altre questioni da risolvere. Le Comunità locali sono in grado di decidere in modo autonomo se mettere o togliere simboli, come dovrebbero essere messe in condizione di decidere su quanto serve per vivere il Monte. Avevo già trovato singolare, ad esempio, che il CAI nel 2017 avesse istituito il “Gruppo Grandi Predatori” https://csc.cai.it/gruppo-grandi-carnivori/ , con l’obiettivo “….di partecipare attivamente ed in modo costruttivo all’instaurarsi di una complessa ma possibile coesistenza tra uomo e i predatori selvatici…”. Allora mi sfuggiva in base a quale mandato si occupasse di lupi ed orsi, come ora di croci sulle vette. Singolare, poi, che a livello storico non abbia trovato alcuna presa di posizione o consiglio da parte delle Comunità alpine al riguardo di urbanizzazione, gestione ambientale della pianura, industrializzazione o di arredi urbani. Perchè? Perchè la Libertà, una delle colonne portanti del vivere il monte, è intesa in modo diverso al Piano e sul Monte e anche in questo frangente, in modo sommesso, rilevo un approccio coloniale nei confronti delle Alpi. La democrazia dovrebbe valere quassù come in basso.