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20 lug 2023

Le leggi e la democrazia

di Luciano Caveri

“Una cosa non è giusta perché è legge, ma dev’esser legge perché è giusta”. Così diceva Montesquieu o meglio Charles di Sécondat, Barone di Montesquieu, filosofo , storico e pensatore politico dell’illuminismo francese. Ricordo che nacque nei pressi di Bordeaux (dove lo celebra una bella statua, vista coi miei occhi) nel 1689 e morì a Parigi nel 1757. L’eco del suo pensiero attraversa dunque i secoli, mantenendo un’incredibile freschezza. La breve affermazione iniziale resta il caposaldo e vale a tutti i livelli, salendo gli scalini della sussidiarietà: leggi regionali, nazionali e normative europee. Sapendo ogni volta che la nascita di nuove leggi obbligherebbe giudiziosamente ad abrogare quanto di inutile in materia per evitare il caos. Buona regola non sempre viene applicata, quando la tecnica legislativa zoppica e si ingarbuglia, come nel caso italiano, dove in più si opera con norme e normette in modo non sistematico. Si aggiunge la cattiva scrittura degli articoli, spesso scientemente troppo tecnici o volutamente fumosi per dare la possibilità in certi casi di successive interpretazioni estensive. Ricordo, come esempio, quando - non situo bene in quale anno - la Finanziaria dello Stato era in buona parte nelle mani esperte dell’allora Presidente della Commissione Bilancio della Camera, Cirino Pomicino, dove iniziava la discussione della manovra finanziaria e dunque dove si apportavano le maggiori modificazioni al testo governativo. C’era - siamo a cavallo fra anni Ottanta e Novanta - la crisi feroce della siderurgia di Stato e in Valle d’Aosta era in corso - e Romano Prodi ebbe un ruolo importante - l’operazione salvifica di privatizzazione della Cogne di Aosta per evitarne la deriva e la chiusura. Una delle condizioni era sfoltire il numero dei dipendenti e dunque era necessario ridurre il numero dei dipendenti in esubero attraverso forme di pensionamento anticipato a 50 anni. I soldi c’erano, come mi disse lo stesso Cirino Pomicino, attraverso quello che curiosamente lui stesso definiva il vol au vent e cioè il gruzzolo che i partiti della maggioranza avevano a disposizione per interventi in Finanziarie Omnibus in cui ogni gruppi cercava di mettere qualcosa di loro in una logica - il tempo lenisce tutto - da assalto alla diligenza. Feci il mio compitino, preparando un emendamento che coinvolgesse altri stabilimenti siderurgici, come Napoli, Genova e Torino. Lo vidi trasformato all’atto della presentazione da parte del relatore, che era lo stesso Pomicino, cui ne chiesi le ragioni e mi spiegò che la maggior genericità avrebbe consentito più spazi di manovra nella successiva fase applicativa. Un certa oscurità serviva, insomma, per essere meno…rigidi. Una lezione di vita sulla crescita in quegli anni del famoso debito pubblico. Partecipai in altra veste - e Sabino Cassese, oggi ultraoottantenne, era già in pista come lo è ancora oggi, a importanti riflessioni sulla qualità delle leggi, che portarono alla nascita di un Comitato per la Legislazione a Montecitorio, il cui compito sarebbe sotto quello di rendere intellegibile la lettura delle leggi attraverso un linguaggio scevro da eccessi di burocratese e di aggiunta mano a mano di modificazioni criptiche a quanto già esistente. Mi pare che non ci siano stati grandi passi in avanti. Per altro, ma non suoni come consolatorio, anche direttive e regolamento europei - di cui ho visto a Bruxelles nascita e evoluzione - non brillano per la loro chiarezza e apertura ad una comprensione grand public, mantenendo troppo spesso un carattere quasi esoterico. Rientrato in Regione, portai immodestamente qualche esperienza tradottasi in leggi Omnibus di manutenzione e abrogazione di norme ormai inutili, leggi di recepimento delle normative europee nelle materia proprie e anche opportuni tentativi applicativi di competenze statutarie con legislazione propria e con le preziose norme di attuazione dello Statuto di cui ci si era poco interessati per una certa pigrizia del legislatore regionale e rischi di sine cura nei rapporti con lo Stato. Per altro resta chiaro e forte che - tenendo anche conto del ruolo sulle leggi statali dei parlamentari valdostani - questo sarebbe il compito precipuo del Consiglio Valle, troppo spesso inondato da interrogazioni, interpellanze, mozioni, risoluzioni e ordini del giorno. Intendiamoci: sono iniziative del tutto legittime e spesso danno origine a utili dibattiti in materia ispettiva e di riflessione di temi politici, ma - come in tutte le cose - il troppo stroppia se dalla logica di un Parlamento che…parla si passa talvolta allo straparlare. Così si rischia in certi passaggi di trasformare l’assemblea in organo pletorico e ciò crea fastidio anche nei cittadini che chiedono elementi sempre più fattivi (che ovviamente ci sono!) e sempre meno dialettici, quando e se le sedute diventano per ore maratone oratorie in eccesso. Lo dico con affetto. da vecchio parlamentarista convinto del ruolo centrale delle assemblee elettive e l’esempio del progressivo svuotamento del Parlamento italiano, inondato da decreti legge approvati con l’apposizione sistematica del voto di fiducia. Situazione che sta modificando di fatto l’ordinamento italiano senza le necessarie modifiche costituzionali. Vigilare su queste cose, dette senza polemica ma con preoccupazione, vuol dire salvaguardare basilari elementi costitutivi della democrazia e far sì che l’opinione pubblica non si imbeva di antiparlamentarismo e di quel vasto armamentario anticasta - spesso non applicato a casi reali di malcostume da combattere - che ha agevolato il sorgere di certi populismi distruttivi, la cui onda non si capisce ancora bene dove ci porterà.