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05 ago 2023

I Sella, imprenditori-alpinisti e la Valle d’Aosta

di Luciano Caveri

Ho ricevuto in dono con grande piacere da Maurizio Sella, Presidente del Gruppo Sella, un libro da lui curato assieme a Teresio Gamaccio. Il titolo spiega tutto, così come la seppiata foto di copertina: “I Sella in Valle d’Aosta- Imprenditori e alpinisti fra Ottocento e Novecento”. Il clima storico, che attraversa il tempo, lo si capisce sin dall’inizio della nota introduttiva di Pietro Crivellaro: “Scrivendo del giovane Quintino Sella che aveva compiuto la pionieristica scalata del Breithorn, l'abbé Gorret lo definì «un inglese di Biella». L'ascensione era avvenuta nel settembre 1854, prima ancora che nascesse a Londra l'Alpine Club, il capostipite dei club alpini. Il prete valdostano intendeva dire «un alpinista di Biella» perché a quel tempo erano tutti inglesi i forestieri che si spingevano sulle montagne della valle d'Aosta per scalarle. E l'abbé Gorret, enfant du pays e pungente intellettuale, nominato socio onorario del Cai per il suo ruolo decisivo nella prima scalata del Cervino dalla cresta del Breuil, era un intenditore che sapeva bene di cosa parlava”. Già, i Sella - oggi giganti nel settore bancario e finanziario - furono il volto del nascente alpinismo italiano (anche se l’Italia politica non c’era ancora), che si contrapponevano ai grandi alpinisti inglesi che salivano le cime alpine. Ma i legami con la Valle precedono e sono così spiegati: “I primi contatti della famiglia Sella con la Valle d'Aosta avvengono con Maurizio Sella di Giovanni Domenico (n. Sella di Valle Superiore Mosso 10 aprile 1784 - m. Biella 21 agosto 1846) che nel 1835 compie una scelta che porta a Biella il centro della sua attività laniera e della sua famiglia. I nuovi macchinari della rivoluzione industriale mossi dall'energia idraulica, introdotti nel Regno di Sardegna dal cugino Pietro Sella, avevano mutato radicalmente il sistema produttivo: era divenuta fondamentale la disponibilità di una maggiore quantità d'acqua per dare il moto alle macchine. Nel 1835 egli coglie l'occasione della vendita del "Filatore" da seta con annesso lanificio e albergo di virtù, costruito dal Santuario di Oropa sulla riva sinistra del torrente Cervo in Biella nel 1695, per dar lavoro agli indigenti. La vendita dell'immobile è associata ai diritti d'acqua derivata dal torrente Cervo; è un'opportunità che non si lascia sfuggire (…) Da subito il lanificio instaura rapporti commerciali con i territori confinanti e, sotto la direzione di Maurizio Sella, il lanificio vende i tessuti prodotti anche in Valle d'Aosta. Nelle lettere ricevute dal lanificio negli anni dal 1836 al 1847 compaiono i seguenti nominativi: Pierre Marie André di Aosta, Emanuele Ay-monod di Aosta, Jean Baptiste Pignat di Aosta, Joseph Lillé di Aosta, Laurent Boch ed Enrico Boch di Aosta, Jacques Joseph Vuillermin di Aosta, Antoine De-lapierre di Aosta, Vincenzo Erba di Aosta, Fratelli Gervasone di Aosta, Damier Liboz di Aosta, Jean Marie Pivot, Marianne Pivot, Giovanni Battista Pignet di Aosta, Pierre Pivot di Aosta, Michele Fracchia di Saint Vincent. Nelle lettere si parla della richiesta di tessuti di lana di varia qualità e colore, di pagamenti, di recuperi di alcune somme per il fallimento di negozi e della consegna di pezzi di ghisa per la riparazione dei macchinari del lanificio”. Ma, fatta questa premessa, si raccontano poi le avventure alpinistiche delle successive generazioni e del ruolo di Quintino Sella, cui si deve la nascita del Club Alpino Italiano, che oggi penso stenterebbe a comprendere - da conservatore qual era - la sterzata alla sinistra estrema di parte della dirigenza del sodalizio alpinistico, che è pure ente pubblico non economico e dovrebbe garantire neutralità politica. Quel che è certo è che nel DNA dei discendenti Sella la montagna è impressa e li ha spinti su tutte le montagne del mondo, passando il testimone di padre in figlio. Ho ringraziato il Presidente Sella in una lettera in cui ricordo un legame con la mia famiglia e che qui riporto: “Si deve ad un Sella la responsabilità di un ramo ormai valdostano dei Caveri. Lo si legge in una Tesi di laurea presso l’Università di Firenze: “La classe dirigente liberale e lo sciopero: La Relazione della commissione parlamentare sugli scioperi del 1878. Relatore Professoressa Gigliola Dinucci, Candidata Arianna Michelini”. In sostanza – come per altro ben ricostruito dallo storico Guido Quazza in un suo libro - il mio bisnonno Paolo Caveri, sottoprefetto a Biella, organizzò un incontro fra lavoratori in sciopero e industriali tessili, suscitando le ire di Quintino Sella allora Ministro, che ne chiese la testa al collega dell’Interno. Così venne trasferito ad Albenga e poi ad Aosta, dove conobbe la mia bisnonna Ermine Antoniette De La Pierre Zumstein ed ebbero un figlio, mio nonno René. Cito due passaggi della tesi: “Ad esempio, soltanto pochi giorni dopo la sua nomina a ministro dell'interno Ubaldino Peruzzi fu informato con una lettera da parte di Quintino Sella di "scioperi di operai che nocquero nel Biellese alle fabbriche del Mandamento di Mosso' delle zone che il Sella conosceva molto bene in quanto qui aveva avuto i natali e qui la sua famiglia era titolare di diversi opifici tessili. Nella lettera, del 31 dicembre 1862, Sella si dice molto preoccupato dello stato del conflitto e tuona contro il sottoprefetto Caveri, reo di essersi intromesso nei rapporti fra operai e padroni tentando di risolvere la vertenza senza essere stato per questo richiesto dai fabbricanti. Dalle parole di Sella emerge una certa amarezza nei confronti delle popolazioni operaie del biellese che "furono fin qui tranquille e [fra le quali] vi furono pochissimi episodi di perturbazione", e che ora invece stanno purtroppo mostrando la loro parte peggiore con un atteggiamento apertamente conflittuale verso i loro datori di lavoro.” E poi: “ Riprendendo poi un'idea che era stata anche del Sella alla fine degli anni Sessanta, il ministro auspica che il compito delle autorità governative in merito allo sciopero si limiti alla tutela dell'ordine pubblico, evitando l'intromissione diretta fra operai e industriali, prendendo addirittura impegni che poi non potrebbero essere rispettati con grande danno per la credibilità stessa delle autorità; un simile atteggiamento era infatti già costato la rimozione, sollecitata fra gli altri anche da Sella, del sottoprefetto di Biella Caveri intromessosi nella vertenza fra operai e fabbricanti in occasione dello sciopero del 1862 in uno dei lanifici del biellese”. Poco tempo dopo, d’accordo anche il suo prestigioso avo, le trattative con i sindacati divennero la normalità!”