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15 ago 2023

Pensieri estivi sulla democrazia

di Luciano Caveri

I sistemi democratici prevedono il voto come passaggio per ottenere un ruolo politico . Detta così appare una evidente banalità. Ed invece è il cuore della democrazia. Anche se pende sempre la minaccia, ben visibile nel tempo in passato come oggi, di chi ottiene il potere con il voto degli elettori a suo favore e poi trasforma il regime politico in un’autocrazia. Non è un fenomeno così inusuale e per questo le riforme costituzionali vanno sempre seguire con il giusto interessamento. Traggo da un articolo del Sole 24 Ore il più recente rapporto annuale di un noto giornale inglese: il settimanale britannico Economist, che ha compilato la classifica sullo stato di salute di 167 Paesi del mondo, dividendo i governi in democrazie piene, imperfette, regimi ibridi e autoritarismi. Ecco tutti i dati. Per quanto riguarda le Democrazie piene,  siamo intorno a quota 24, il migliore governo del mondo si conferma la Norvegia, con un punteggio globale di 9.81/10. Confermata anche la Nuova Zelanda al secondo posto, mentre l’Islanda ha superato la Svezia nell’occupazione del terzo gradino del podio. Seguono e completano la top ten Finlandia, Danimarca, Svizzera, Irlanda, Paesi Bassi e Taiwan”. Per il resto: ”Se guardiamo al numero della popolazione mondiale, appena l’8% per cento vive in questi 24 Paesi.  Resta invece invariato il numero degli autoritarismi, 59 in totale”. Per la cronaca l’Italia fa parte della categoria Democrazie imperfette e figura  alla 34esima posizione globale, in calo di tre posti rispetto al 2021, con un punteggio di 7.69. I meccanismi della democrazia italiana a mio avviso stanno peggiorando ancora: Parlamento sempre più indebolito, Presidenza del Consiglio affetta da gigantismo, regionalismo sempre più calpestato, classe politica in perdita di competenza. Tornando al punto, per il politico il rapporto con gli elettori è fondamentale. Penso che debba essere basato sul rispetto. Chi ottiene un ruolo pubblico deve dimostrare di essere degno e gli elettori devono pretendere impegno e probità. Quel che ormai mi urta è chi passa il tempo a valutare i cittadini solo nella loro veste di elettore e a occuparsi non dei loro legittimi diritti. Molti anni fa, prima del dilagare dell’astensionismo, scriveva il politologo Norberto Bobbio: ”Nei regimi democratici, come quello italiano, in cui la percentuale dei votanti è ancora molto alta (ma va scemando ad ogni elezione), vi sono buone ragioni per credere che vada diminuendo il voto di opinione e vada aumentando il voto di scambio, il voto, per usare la terminologia asettica dei political scientist, orientato verso gli ouptut, o, per usare una terminologia piú cruda, ma forse meno mistificante, clientelare, fondato se pure spesso illusoriamente sul do ut des (sostegno politico in cambio di favori personali)”. Un evidente malcostume che viene praticato con un evidente logica di complicità e - lo ripeto - non ha a che fare con la legittima esistenza di farsi interprete nelle Istituzioni di progetti, programmi, idee che emanano da partiti e movimenti. È invece il patto luciferino di chi si occupa questioni che ledono i diritti di altri con regalie, aiutini, spintarelle. Ha scritto Giovanni Soriano, aggiungendo una categoria: ”Vista la mancanza di giudizio della maggior parte degli elettori, che continuano a votare anche coloro che hanno dimostrato sul campo di non meritare alcuna fiducia, c’è soltanto una categoria più dannosa dei politici corrotti, ed è quella dei politici incompetenti. Se i primi, infatti, si possono fermare col carcere – almeno in teoria –, ai secondi non c’è riparo”.