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20 ott 2023

Un mondo che fa paura

di Luciano Caveri

A mio papà fu un prete polacco a spiegare fuori dai cancelli di Auschwitz che cosa capitasse dentro quel campo e in particolare il perché del fumo che usciva dai camini: erano i cadaveri delle persone gassate. Credo che per un ragazzo di vent’anni siano cose terribili, difficili da capire. La vita sa essere bizzarra: mio papà - e per questo divenne “giusto” per la comunità ebraica di Torino - prima di finire in Germania con gli altri giovani aostani che non avevano aderito alla Repubblica di Salò, aveva accompagnato ebrei in fuga in Svizzera lungo la conca di By. Non so attraverso quale tam tam arrivavano in via Sant’Anselmo ad Aosta nella casa dei miei nonni per scappare dalle persecuzioni che nel 1944 significavano finire nei campi di sterminio e morire in condizioni crudeli. Davanti al peggiore dei lager si ritrovò Sandrino, che poi fuggì dal secondo campo dove finì a Cracovia con un rocambolesco viaggio di ritorno in Valle d’Aosta. Queste vicende, che mi hanno portato anche a visitare più volte Auschwitz pure con i miei figli, mi hanno spinto sin da ragazzo a leggere tutto quanto riguardasse la Shoah e a seguire la storia incredibile della nascita di Israele, come atto finale della lunga storia di antisemitismo che ha accompagnato la diaspora ebraica. Ho provato empatia, immedesimandomi in un popolo perseguitato per secoli sino alla “soluzione finale” voluta da Hitler come espressione che tutto riassumeva. Odio verso gli ebrei che ha ancora radici che alimentano odio e epigoni. Per questo grumo di sentimenti ho sempre ammirato gli ebrei, la loro cultura, il loro umorismo e il senso profondo di comunità. Per cui confesso che, pur cercando di essere oggettivo di fronte al dramma palestinese e agli errori di Israele, sono sempre rimasto idealmente vicino agli israeliani, seguendo le vicende di guerra che li hanno visti sul campo di battaglia. “Due popoli e due Stati”: in fondo questa soluzione è sempre apparsa la necessità. Facile a dirsi, difficile a farsi. Ora le ultime tappe ci allontanano sempre più come dimostrato da a queste settimane dolenti con gli israeliani aggrediti e massacrati e i palestinesi finiti nel tritacarne costruito non a caso da Hamas. Esempio non solitario di gruppi terroristici islamisti che vogliono cancellare Israele e il suo popolo dalla carta geografica. Gli israeliani direi che sono obbligati a difendersi e a contrattaccare a costo della loro stessa esistenza, purtroppo con leadership - come quella di Benjamin Netanyahu - che hanno dato pessima prova di sé, facendo vacillare valori democratici su cui si è stata fondata Israele. I palestinesi ancora questa volta sono vittime sacrificali di chi ne sfrutta disagio e povertà, facendoli diventare simbolo che favorisce un Islam ferocemente antioccidentale in un vero e proprio delirio di integralismo religioso. Un integralismo che ha messo radici anche in Europa, come dimostrato da episodi terroristici terribili, che sono frutto di una sostanziale difficoltà di integrazione di gran parte delle comunità arabe, che vivono in una società parallela che in molti casi mira a logiche di suprematismo islamico, che non riconoscono valori costituzionali essenziali in tema di diritti civili. Non faccio di tutta un’erba un fascio, ma sarebbe stupido, nel nome del politicamente corretto, non notare che nei confronti dell’estremismo islamico esiste una sorta di acquiescenza anche da noi che preoccupa e che ha portato in questi giorni in piazza in Europa anche giovani arabi già nati e cresciuti in Occidente. Inneggiare ad Hamas o è ignoranza o è follia e questo vale per i troppi cretinetti di estrema sinistra (ma anche gli antisionisti se non antisemiti all’estrema destra) che sono convinti che sostenere i terroristi, sbandierando la bandiera palestinese, sia segno di democrazia. Non è facile per Israele capire il da farsi per rispondere all’aggressione, con i palestinesi di Gaza che sono di fatto stati complici ma in fondo sono anche anche prigionieri “carne da macello” di queste milizie armate estremiste, peggio del peggio, che nella loro pazzia ucciderebbero - se li incrociassi sulla mia strada - anche me e la mia famiglia, perché siamo “infedeli”! Ha scritto ieri su La Stampa il lucido Mattia Feltri: ”Hamas e i suoi amici non aspettano altro che la mattanza per additare al mondo il nazismo sionista e trovare alleati per la soluzione finale. Nulla gli importa, da decenni, della gente di Gaza. Non ripetete gli errori che abbiamo commesso noi dopo l'11 settembre, ha detto ieri Joe Biden a Bibi Netanyahu. Quindi? È cecità, ha scritto giustamente Giuliano Ferrara, dire a Israele che cosa non fare, e quanto a che cosa fare aggiungere "non lo so". Se chiedete a qualcuno che dovrebbe fare ora Israele, più spesso risponderà "non lo so". Se lo chiedessero a me, direi "non lo so" “. Purtroppo la Storia non si ferma, malgrado le nostre titubanze e le nostre paure. E io di questa situazione in Medio Oriente ho paura, così come delle alleanze geopolitiche che stanno mettendo assieme dittatori e “cattivi” del mondo intero e se la polveriera nucleare esplode facciamo la fine dei dinosauri uccisi dal meteorite.