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03 dic 2023

Le Breuil-Cervinia e le troppe polemiche

di Luciano Caveri

Vorrei tornare, a bocce ferme e facendo finta di non aver letto e sentito sul tema un sacco di scemenze talvolta offensive, sulla questione della toponomastica sul tema Breuil-Cervinia, come personalmente ho sempre chiamato - anche quando ero giornalista Rai - la frazione di Valtournenche ai piedi del Cervino. L’epopea di questa località, che ricordo aveva ambito con apposita petizione popolare a diventare Comune autonomo, nasce come luogo di alpeggio stagionale e poi sopravviene qualche struttura alberghiera in una seconda fase ottocentesca dell’alpinismo nascente. Quella che lo storico valdostano Marco Cuaz così descrive su Le Alpi" (editore "Il Mulino"): «Fu la fine del "playground of Europe" e l'inizio della guerra delle bandiere. Le vette di alcune montagne particolarmente significative per la loro posizione e la loro visibilità, divennero luoghi si scontro reale o simbolico fra uomini di diverse nazionalità che ne percorrevano le vie di salita per issare la propria bandiera». Insomma, la scoperta delle vette era stato appannaggio degli scienziati cosmopoliti settecenteschi, mentre l'alpinismo sportivo diventa simbolo nazionalistico e andrà a braccetto con il turismo, che poi, con lo sfruttamento della neve attraverso lo sci, sdoganerà l'inverno. E con l’avvento dello sci, esaltato dal regime fascista (celebre la foto del duce che scia a torso nudo al Terminillo) attraverso la nascita dei primi impianti di risalita, la località viene battezzata “Cervinia”. Si tratta ormai di un brand preciso, usato anche da Emile Chanoux. quando scrive, nei lavori preparatori della celebre Dichiarazione dei popoli alpini valdovaldese del 1943, che «con l'appoggio del potere centrale sorsero le grosse speculazioni di Cervinia e del Sestriere». Ma altrove nei suoi scritti dice altre cose che condivido sull’aspetto simbolico di Cervinia (che lui chiama "Breuil" per ovvie ragioni), quando invitava il popolo valdostano - di fronte al grande turismo emergente - a non perdere la bussola: «Il doit rester lui-même avec son caractère, sa culture, sono orgueil! Il doit rester lui-même avec ses défauts». Questo mi sembra il punto vero. La scomparsa annunciata del termine “Cervinia” pare essere, se si è tutti in buona fede, una specie di commedia degli equivoci. Nella pulizia linguistica fatta dal Comune di Valtournenche (quanto usuale per tutti i Comuni) e sottoposta a apposita Commissione regionale, spunta “Le Breuil” e tutti - Comune in primis e Regione di fatto per ratifica - accettano. Ma c’è un però: la denominazione novellata cancella di fatto “Cervinia” e da qui le polemiche, che ho commentato a caldo con un breve post: “Breuil è il nome vero, Cervinia scelta di epoca fascista. Ovviamente andranno ripristinate entrambe le definizioni, in modo armonico, come avvenuto sino ad oggi. Eviterei tempeste in un bicchiere d’acqua”. Invece, burrasche! Apro parentesi: il fascismo aveva stravolto, in odio al particolarismo valdostano, le denominazioni dei Comuni valdostani con traduzioni ridicole in italiano. E, come per gli sloveni, la puntata successiva sarebbe stata modificare i cognomi francofoni con la medesima italianizzazione forzata. La logica, applicata purtroppo quasi subito dall’avvento del fascismo, aveva cancellato scuole e bandito francese e patois a dimostrazione questo sì di una “cancel culture” ante litteram. Il ritorno della toponomastica storica fu una delle prime battaglie post Liberazione, come la soppressione della Provincia di Aosta unita al Canavese, anch’essa legata ad una logica di dilavamento della valdostanità. Ma nel tempo si è lavorato, tornati anche per i Comuni i toponimi veri, per “pulire” i nomi in una logica scientifica di ricostruzione esatta delle tradizioni passate e non per chissà quale pulizia “etnica”. Particolare curioso alla Costituente Alcide De Gasperi (che qualcuno vorrebbe fare Santo e personalmente non ne vedrei il perché) intervenne sul nostro Statuto, immaginando sulla traccia sciagurata del caso sudtirolese con le traduzioni sceme di Tolomeo in italiano dal tedesco, di prevedere la bilinguità (questo il termine usato) per i nomi dei Comuni. A seccare la proposta fu il grande Emilio Lussu, sardista relatore in aula, che segnalò come sarebbe stato ridicolo affiancare a La Thuile la definizione fascista antifrancese Porta Littoria…. Ma torniamo a Cervinia: ormai si tratta di un marchio affermato di cui sarebbe stupido fare a meno. In quanto avvenuto per un pasticcio non c’è stata nessuna ragione xenofoba o giù di lì. Per cui neofascisti e destrorsi vari sono corsi inutilmente al capezzale di Cervinia e lo hanno fatto con evidenti note nostalgiche per il Ventennio con grida, urla e starnazzi degni di miglior causa. Pubblicità gratuita per Le Breuil-Cervinia e meravigliosa cartina di tornasole della stupidità come caratteristica di certa politica, che apparteniene a questa stagione politica populista che spero avrà vita breve. Ma aggiungo ancora una questione: possiamo guardare il dito e non la luna. La realtà più importante non è il nome ma lo sviluppo della località che dovrebbe interessare, pensando al passato, al presente e al futuro. Il passato è la speculazione specie nel dopoguerra, quando l'Autonomia speciale ancora in fasce venne sconfitta - a colpi di sentenze - dal partito dei costruttori e fallì il tentativo di preservare la conca da certi scempi. Il presente è l’abbraccio più forte con Zermatt con i nuovi impianti che rendono possibile la liaison senza sci ai piedi e questa “cuginanza” va rafforzata non facendo della Valle d’Aosta nel sistema l’anello debole, ma avanzando con il Vallese con un’azione congiunta. Il futuro è questa direzione, tenendo in mente gli impianti di risalita e anche qualunque nuova forma di attrattività turistica. Guardando anche alla possibilità offerta dalle Cime Bianche e dai collegamenti con il Monterosa ski. So che è un tema discusso con toni eccessivi, ma questa è la logica delle ideologie estremiste, essendo ormai diventato un simbolo santificato per un ambientalismo che politicamente non sfonda e dunque si agita su qualunque dossier per dimostrare di esistere. Per alcuni di loro, sfumata l’utopia comunista, questa è la nuova religione verde con cui si mobilitano su la qualunque. Bisognerebbe sulla località di cui parliamo avere, invece, del coraggio. La polemica sul brutto Stone, grattacielo inopportuno che si voleva costruire con il rischio di vederne altri ancora, ha avuto un senso. Ci vorrebbe, infatti, una logica complessiva e non pezzo per pezzo, immaginando una grande operazione di risanamento e riordino urbanistico, modello per tutte le Alpi. Questa sarebbe la vera scelta coraggiosa a Le Breuil, così come a…Cervinia.