In politica non è mai facile mantenere la lucidità. Specie in un’epoca che non consente di illudersi sull’esistenza di “isole felici” dentro un mondo interconnesso, che parte dal globale sino a scendere al singolo campanile della nostra Valle. Ogni decisione deve fare i conti con una certa complessità e con l’atteggiamento mentale, a far da peso, dei complicatori affari semplici e degli appiccatori degli incendi per far vedere quanto sono bravi a spegnerli. La prendo da distante, perché ci sono occasioni in cui bisogna mantenere il sangue freddo o, come si dice in francese, “il faut garder la tête froide”. Sono molti anni che faccio politica e so che ormai della circostanza di essere politico “esperto” non bisogna troppo vantarsi. I politici restano impopolari e, passata una certa età, mentre un tempo potevano in certi casi godere di prestigio personale e di rispetto, oggi sono da alcuni considerati buoni per la casa di riposo e, peggio ancora, oggetto di una qual certa invidia. Ormai sono zen e – scusate la crudezza – me ne sbatto degli odiatori, che sono quelli che avvelenano i pozzi della civile convivenza. Quel che avviene nel mondo fa paura e l’Italia non si sa dove stia andando con precisione e si vive in clima di polemiche continue, in gran parte inconcludenti, con ali estreme dello scacchiere politico insopportabili e una dose di dilettantismo politico che impressiona. L’Unione europea, una delle nostre assicurazioni sulla vita, vive anch’essa una situazione di crisi e c’è chi vuole buttare via il bambino (ormai adulto!) con l’acqua sporca. In Valle d’Aosta in un momento nel quale ci vorrebbe più che mai coesione rispuntano in Consiglio Valle i franchi tiratori. Nel segreto dell’urna può capitare, se serve a manifestare disagi che poi non restano nei corridoi bui e nelle maschere da cospiratori che garantiscono l’anonimato. Invece, chi decide quelle che sono azioni di disturbo, che possono trasformarsi in valanghe pericolose, dovrebbe avere il coraggio di alzare il ditino e dire la sua. Non ripeto poi, perché mi faccio pena da solo, della storia del mondo autonomista che si dovrebbe riaggregare. Certi saliscendi sul punto fanno solo del male. Capisco i ragionamenti vari sia quelli seri che quelli “Cicero pro domo sua”, ma i tira e molla logorano e fanno perdere in credibilità. Quando si prende una strada con l’impegno di andare sino in fondo bisogna farlo, altrimenti la mancanza di credibilità si trasforma in un boomerang per tutti. Ammetto delusione e dispiacere e coltivo ancora la speranza che certe critiche e precisazioni servano ad andare avanti, senza sabotaggi. Non è il momento buono per dilatare i tempi e bisogna guardarsi negli occhi per l’ultima e decisiva volta, perché la situazione generale già accennata non consente tentennamenti e neppure di tirare fuori argomenti già affrontati e chiusi. Non ho ragione di credere che vecchi rancori, piccoli egoismi, timori infondati, furberie improvvise possano fermare un processo che è davvero collegato al famoso e spesso abusato “bene per la Valle d’Aosta”. Non mi infilo in mozioni degli affetti, mano sul cuore, richiami al senso identitario e via di questo passo. Basterebbe da parte di tutti, me compreso, mettere nel passaggio la giusta intelligenza. Altrimenti, poi ognuno se ne assumerà le responsabilità, quando le cose andranno male per la Valle d’Aosta e non per me, per Tizio o per Sempronio. Eventuali lacrime di coccodrillo serviranno solo per mostrare piccolezze e ipocrisie. Basta poco, basta volerlo, basta la giusta dose di serietà nel rispetto di tutti. Il cinismo non abita più qui.