Mi fa piacere sempre quando guardo certe cartografie, rappresentazioni infografiche di Eurostat (L'Ufficio statistico dell'Unione europea),
in cui si vedono- in un reticolo geografico dettagliato - tutte le Regioni europee a livello Nuts 2. Nuts è la nomenclatura statistica comune delle unità territoriali e il 2 indica il livello di quelle che noi in Italia chiamiamo Regioni e hanno nomi diverse a seconda delle geometrie istituzionali dei diversi Paesi europei. Da tanti anni sono membro della Comitato delle Regioni a Bruxelles, che mostra più di tante parole che cosa sia questa trama straordinaria di esperienze importanti di democrazia locale e di prossimità sul Vecchio Continente. Ebbene, quando guardo nei documenti comunitari la silhouette della nostra Valle, mi sento fiero di vedere in questo enorme puzzle di caselline anche della mia terra avvolta nelle sue montagne.
Dice il celebre canto “Ma verta valaye” nei suoi primi versi del Canonico Jean Domaine, cui si deve testo e musica:
Lé i menten de gran montagne i sondzon de l'Italie, lo pai que Dzouëre bagne/ a nos atre l'è Patrie./ Lo mon-Blan, Pon-Sen-Martin, lo Mon-Rose, lo Paradis, son le termo di confin e lo teignon tot uni!/ Veulla d'Austa l'è lo cœur..
Quando i valdostani si perdono in mille querelle e troppe divisioni, bisognerebbe fare mente locale su quanto diamo per scontato, ma non lo è affatto. Mi riferisco all’esistenza stessa di una Regione autonoma come la nostra. Le vicende politiche del dopoguerra hanno, nel saliscendi dell’autonomia valdostana secondo le epoche e i relativi regimi politici, sortito una esperienza avvincente, un ordinamento singolare ed importante per un piccolo popolo. E apparire con nettezza non solo sulla carta geografica dell’Italia, ma anche nella vastità dell’Unione europea con la nostra dignità ed è un valore di cui dobbiamo essere coscienti e onorati.
Forse l’errore sta nel considerare tutto per scontato, mentre non lo è affatto! Il mantenimento dell’Autonomia è una sfida quotidiana, fatta di diritti e di doveri e si basa su di una coscienza della propria identità e del proprio particolarismo e quest’ultima non è affatto una parolaccia! La dimensione europea è essenziale. Penso ad un discorso pronunciato da mio Séverin nel 1947 in una piazza di Trento di fronte ad una folla di militanti autonomisti: “Si dice spesso che noi autonomisti saremmo degli uomini meschini, chiusi in un gretto mondo provinciale.
Questa accusa è infondata. Noi autonomisti siamo federalisti ed europei, al di là della chiostra dei nostri monti, sappiamo vedere i più vasti orizzonti e ci sentiamo come Wolfang Goethe, cittadini del mondo. Il comune, la regione, lo stato, l'Europa sono per noi dei cerchi concentrici, che liberamente debbono espandersi uno dall'altro e non devono soffocarsi a vicenda. Passando ieri davanti alla statua di Dante, io sognavo ch'essa non dovrebbe più essere il simbolo di un nazionalismo angusto, ma di una concezione più vasta, di quella concezione europea di cui il poeta è stato il teorico profondo ed entusiasta.
Al di là della cerchia della sua FIrenze arroventata dagli odi di parte, al di là del grande arco delle alpi, il genio dell'autore di «De Monarchia» è balzato oltre l'aiuola che ci fà tanto feroci e ha sentito ed intuito una patria più grande, la patria europea”.
La difesa e l’allargamento degli spazi della nostra autonomia deve avere questo respiro ideale e culturale che ci arriva dal passato e la politica ha enormi responsabilità nell’avere dietro di sé valdostani consapevoli e non distratti.