Mi stupisco che ci si stupisca che in RAI ci sia stato chi aveva deciso di censurare Antonio Scurati - grande scrittore con libri indispensabili da leggere su Mussolini - per un suo testo sul Fascismo e il 25 aprile, poi egualmente letto dalla conduttrice nella stessa trasmissione in cui era stato previsto, malgrado il veto di fatto così aggirato…
Lo stop dimostrava come la RAI sia piena di persone che sono salite di grado per potenti aiuti della politica, pur senza meriti. Ho conosciuto nella mia esperienza aziendale dei mediocri leccaculi di questo genere e c’è anche qualcuno di loro che mi ha dato dei fastidi senza esiti per compiacere con zelo il potente di turno.
Giorgia Meloni, più furba di certi lacchè, aveva già pubblicato lei stessa il monologo di Scurati, ma nel farlo aveva di fatto esibito la sua ormai evidente tracotanza, cui Scurati ha risposto e cito una sua sola frase risolutiva: “Pur di riuscire a confondere le acque, e a nascondere la vera questione sollevata dal mio testo, un capo di Governo, usando tutto il suo straripante potere, non esita ad attaccare personalmente e duramente con dichiarazioni denigratorie un privato cittadino e scrittore suo connazionale tradotto e letto in tutto il mondo”.
D’altra parte il substrato culturale (si fa per dire), in cui Meloni è cresciuta e si è affermata, è quello del neofascismo romano, che lei ha attenuato con una svolta moderata, che le è tornata comoda, in un’Italia distratta rispetto alla propria Storia e che si innamora e disamora con sempre maggior rapidità dei propri leader. Sia chiaro che la Meloni si è fatta strada con voti democratici, anche se la svolta con la proposta costituzionale sul premierato è un vestito che pensa di aver confezionato a propria misura, non avendo contezza dell’appena citata capacità degli italiani di amare e poi odiare in tempo zero i propri governanti.
Esemplari sono lo stati proprio il Fascismo e lo stesso Mussolini che vennero dapprima idolatrati e poi - purtroppo allora con tempi lunghi che marcarono la dittatura - sconfessati da gran parte di coloro ai quali il regime liberticida andavano benissimo e ci vollero vicende sempre più tragiche per l’epilogo con la Liberazione e di liberazione si trattò davvero.
Ma uno zoccolo di nostalgici, anche a causa della improvvida “amnistia Togliatti”, c’è sempre stato e a loro va ascritta la colpa di cercare di riabilitare in modo sornione il Ventennio con la versione ridicola e facile da smentire di un Fascismo che avrebbe fatto anche ”cose buone” attraverso un revisionismo storico menzognero.
Scurati ha combattuto con capacità questa controinformazione a colpi di libri e nel suo testo ”incriminato”, tornando indietro di un secolo, ricordava la prima cartina di tornasole forte che avrebbe dovuto scuotere gli italiani, ma non avvenne, se non per un’illuminata minoranza non ascoltata purtroppo dal popolo bue: ”Giacomo Matteotti fu assassinato da sicari fascisti il 10 di giugno del 1924. Lo attesero sottocasa in cinque, tutti squadristi venuti da Milano, professionisti della violenza assoldati dai più stretti collaboratori di Benito Mussolini. L’onorevole Matteotti, il segretario del Partito Socialista Unitario, l’ultimo che in Parlamento ancora si opponeva a viso aperto alla dittatura fascista, fu sequestrato in pieno centro di Roma, in pieno giorno, alla luce del sole. Si batté fino all’ultimo, come lottato aveva per tutta la vita. Lo pugnalarono a morte, poi ne scempiarono il cadavere. Lo piegarono su se stesso per poterlo ficcare dentro una fossa scavata malamente con una lima da fabbro”.
Ancora Scurati, allargando l’orizzonte: ”Mussolini fu immediatamente informato. Oltre che del delitto, si macchiò dell’infamia di giurare alla vedova che avrebbe fatto tutto il possibile per riportarle il marito. Mentre giurava, il Duce del fascismo teneva i documenti insanguinati della vittima nel cassetto della sua scrivania. In questa nostra falsa primavera, però, non si commemora soltanto l’omicidio politico di Matteotti; si commemorano anche le stragi nazifasciste perpetrate dalle SS tedesche, con la complicità e la collaborazione dei fascisti italiani, nel 1944. Fosse Ardeatine, Sant’Anna di Stazzema, Marzabotto. Sono soltanto alcuni dei luoghi nei quali i demoniaci alleati di Mussolini massacrarono a sangue freddo migliaia di inermi civili italiani. Tra di essi centinaia di bambini e perfino di infanti. Molti furono addirittura arsi vivi, alcuni decapitati”. Infine il testo affronta il tema politico che ha evidentemente colpito i censori: ”Queste due concomitanti ricorrenze luttuose – primavera del ’24, primavera del ’44 – proclamano che il fascismo è stato lungo tutta la sua esistenza storica – non soltanto alla fine o occasionalmente – un irredimibile fenomeno di sistematica violenza politica omicida e stragista. Lo riconosceranno, una buona volta, gli eredi di quella storia? Tutto, purtroppo, lascia pensare che non sarà così. Il gruppo dirigente post-fascista, vinte le elezioni nell’ottobre del 2022, aveva davanti a sé due strade: ripudiare il suo passato neo-fascista oppure cercare di riscrivere la storia. Ha indubbiamente imboccato la seconda via. Dopo aver evitato l’argomento in campagna elettorale, la Presidente del Consiglio, quando costretta ad affrontarlo dagli anniversari storici, si è pervicacemente attenuta alla linea ideologica della sua cultura neofascista di provenienza: ha preso le distanze dalle efferatezze indifendibili perpetrate dal regime (la persecuzione degli ebrei) senza mai ripudiare nel suo insieme l’esperienza fascista, ha scaricato sui soli nazisti le stragi compiute con la complicità dei fascisti repubblichini, infine ha disconosciuto il ruolo fondamentale della Resistenza nella rinascita italiana (fino al punto di non nominare mai la parola “antifascismo” in occasione del 25 aprile 2023)”.
Ha ragione Scurati: lo dico aggiungendo la consapevolezza più volte espressa di come a questi silenzi gravissimi, che riempiono di vergogna, corrisponda purtroppo un uso distorto e strumentale di un patrimonio collettivo da parte di certo cosiddetto e autoproclamato antifascismo militante, che si occupa del presente in una visione di parte manichea e estremista sbagliata e controproducente proprio per i giusti valori resistenziali.