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08 mag 2024

La volpe, l’uva e la pelliccia

di Luciano Caveri

Ah! Quanto è atavico in noi umani giocare con gli animali. Per cui una persona può essere viscida come un’Anguilla, puzzona come una Puzzola, rozza come un Cinghiale, lunatica come un Cavallo, curiosa come una scimmia, coraggiosa come un Leone, forte come un Toro, noiosa come una Mosca, furba come una Volpe. Seguiamo le tracce della volpe e non per una caccia in stile reali inglesi…

Leggo con curiosità un sito che tratta della lingua giapponese (si chiama « tradurre il giapponese ») che si occupa anche di questo animale: “Nella mitologia giapponese la volpe è uno yōkai 妖怪, una creatura soprannaturale dotata di un grande ingegno e astuzia, in grado di vivere per molti anni e di sviluppare con l’età poteri soprannaturali, come la capacità di appiccare o sputare fuochi, creare illusioni e, più importante di tutti, l’abilità di cambiare aspetto ed assumere sembianze umane: per questo motivo viene considerato un animale ingannevole e furbo”.

Viene in mente di questi tempi, con qualche esempio nella politica valdostana di chi imita Gino Bartali e il suo, “gli è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare”, Esopo e la sua celebre “La Volpe e l’Uva”, ripresa e adattata da Fedro, da La Fontaine, da Rodari, ma il plot resta quello della Grecia antica: “Una volpe affamata, come vide dei grappoli d'uva che pendevano da una vite, desiderò afferrarli ma non ne fu in grado. Allontanandosi però disse fra sé: «Sono acerbi». Così anche alcuni tra gli uomini, che per incapacità non riescono a superare le difficoltà, accusano le circostanze”. Ne ho visti molto nella mia vita che non riescono a fare quel che avrebbero voluto e di conseguenza buttano tutto in caciara senza rendersi conto del senso del ridicolo.

Come si fa, invece è in positivo, a non ricordare Il Piccolo Principe, capolavoro dello scrittore francese Antoine de Saint-Exupéry e quel suo personaggio, la volpe, che dice: ”Ecco il mio segreto.  È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi”. È proprio con queste parole che la volpe si congeda dal Piccolo Principe in uno dei dialoghi più famosi e commoventi della letteratura mondiale. Questo perché l’incontro con l’animale gli fornirà gli strumenti essenziali per capire il valore eterno dell’amicizia.

Interessante quanto scrive su La Voce Giorgio Cortese sul francese renard, premettendo la curiosità - mia fonte - che in patois valdostano si dice rèinar, ma in bassa Valle si usa gorpéi o simile: “Da goupil a renard, volpe! Il lemma goupil o gupil nell’antico francese voleva dire volpe e derivava dal tardo latino vulpiculum, dal latino classico vulpen. Questa parola pare che derivi dal protoitalico wolpi da dove è derivato anche il germanico wulf per indicare il lupo. Ma allora perché poi la volper in francese si chiama renard. La spiegazione arriva dal nome proprio maschile Renard in italiano Rainardo. Questo nome deriva dal francone Raginhard e poi Rainhard, composto da ragin, consiglio, sottinteso, anche come consiglio divino, e hard, forte, coraggioso e valoroso. Insomma ha vari significati, fra cui consiglio del forte, ardito nell'assemblea o anche valoroso per volere degli dei. Entrambi gli elementi sono piuttosto comuni nei nomi germanici come in Rinaldo, Raimondo o in Eberardo, Eccardo, Adalardo e Gebardo e vari altri. Il nome Renard era molto diffuso in Francia nella forma Renard nei racconti medievali in lingua francese chiamata Romanzo di Renart, redatta tra il il XII e XIII secolo, nei quali vediamo agire degli animali al posto degli esseri umani, con il mondo alla rovescia e di forte contenuto satirico”.

Per concludere sulla volpe vi è una celebre frase, che è poi gli è ritornata indietro come un boomerang, di Bettino Craxi, che era stata utilizzata per rispondere a una domanda sulla longue durée di Giulio Andreotti, il democristiano per eccellenza. In un’intervista il leader socialista osservava caustico:”È una volpe, ma prima o poi tutte le volpi finiscono in pellicceria”.

Il resto è noto.