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19 mag 2024

Essere o non essere…elettrici

di Luciano Caveri

Si profila per me la necessità di cambiare la macchina e dunque ricomincio a leggere le riviste del settore per vedere cosa fare. Oggi il grande rovello, al di là della casa automobilistica e del modello, diventa la motorizzazione e sono ammirato da chi non ha dubbi.

Chi fa parte della “setta” dell’elettrico passa il tempo a spiegarmi i pregi e se segnalo qualche difetto c’è pure qualcuno che si inalbera. Dall’altra parte dello schieramento c’è invece chi predica il benzina o diesel per sempre, avendo anche in questo caso un atteggiamento ideologico “contro”. Esiste poi la via mediana di chi sceglie l’ibrido – che un pochino mi attira – ma temo sia, come si potrebbe dire scherzando, una scelta democristiana per non…scegliere. Confesso di avere abbastanza presente i pro e i contro e provo a elencarli, anche se potrei incorrere nei lamenti di veri esperti e concluderò con la constatazione che le case automobilistiche lanciatesi nel “tutto elettrico” incominciano a temere il flop con le vendite che non decollano e anzi diminuiscono.

Comincio con i pro e alle parzialmente giuste ragioni di chi dice che l’elettrico inquina meno e riduce le emissioni derivanti dai motori fossili aiuta il pianeta per evitare i meccanismi che stanno innalzando la temperatura con tutte le gravi conseguenze ormai note. Bene anche la sottolineatura della riduzione dell’inquinamento acustico di motori fracassoni con evidente maggior confort anche a bordo delle vetture. In positivo i motori elettrici dimostrano maggior efficienza e minori costi di manutenzione. Quando acceleri la macchina parte come un razzo e la facilità di guida è evidente.

Sui contro è facile dire. Già mi figuro l’ansia da autonomia per raggiungere una località, dovendo centellinare i consumi per evitare di dover ricaricare troppo spesso (e in caso di gelo alpino sono guai). E poi l’ansia da ricarica significa anche ragionare sulla necessità o meno di dotarsi di apparecchiature domestiche e di capire, anche attorno alla propria abitazione o luogo di lavoro, dove piazzare la vettura e soprattutto – collegandomi al punto precedente – immaginare le tappe dove fermarsi per lunghe percorrenze.  Aggiungo che se oggi, già nel caso della piccola Valle d’Aosta, ci fosse un incremento dell’elettrico andrebbe in tilt la rete di distribuzione. Sull’impatto ambientale pesano due aspetti: i metalli “rari” scavati in Paesi “poveri”e la provenienza dell’elettricità (faccio bene all’ambiente se l’energia arriva da centrali a carbone?). Esiste un pericolo sullo spegnimento di eventuali incendi, un peso delle vetture su infrastrutture esistenti come i parcheggi, un problema con il valore dell’usato e con lo smaltimento delle batterie usate. In più pesa, al momento, il prezzo molto elevato delle auto e anche la minaccia di queste ore di accise sull’elettrico che compensino l’eventuale perdita dei proventi fiscali derivanti dai combustibili fossili.

Interessante un articolo di Claude Soula su L’Express: “Début mai, le salon de l'automobile de Pékin a tourné à la démonstration de puissance industrielle: des dizaines de marques inconnues en Europe ont dévoilé une centaine de nouveaux modèles, la plupart électriques ou hybrides, puisque ces moteurs occupent déjà la moitié du marché local. Sur le podium des ventes mondiales, même le pionnier Tesla s'est fait dépasser par BYD, un constructeur de Shenzhen, la Silicon Valley locale. Certaines de ces marques, comme BYD et Chery, ouvrent des usines en Hongrie ou en Espagne pour construire du made in Europe et éviter les taxes à l'importation. D'autres, comme Hongqi, feront le grand saut occidental à la rentrée pour présenter leurs modèles au Mondial de l'Auto parisien. Côté chinois, les choses sont donc claires: le pays veut dominer le monde des quatre roues électriques, comme l'Europe et les Etats-Unis ont dominé le moteur thermique”.

Prendiamo nota di questa prima questione e cioè un elettrico che vedrà anche una presenza cinese importante in Italia, dove il gruppo ex Fiat è ridotto al lumicino a causa della cessione ai francesi e alla progressiva capitolazione degli eredi Agnelli nel quasi totale silenzio della politica. Mentre in Europa si cavalca la bugia della fine rapida dei combustibili fossili, quando invece la transizio

ne fissata appare improbabile nei tempi fissati. Ricorda il giornalista. “En octobre 2022, le Parlement européen a voté la fin obligatoire des ventes de voitures polluantes pour 2035. La loi a été validée en février 2023... Puis tout a commencé à s'obscurcir. Le conseil de l'Union euro-péenne, où se retrouvent les gouvernements pour trancher, n'était pas unanime. Plusieurspays s'inquiètent d'interdire les moteurs brûlant de l'essence ou du gasoil. Certains sont préoccupés par l'intérêt à court terme de leurs citoyens : l'auto électrique coûte - pour le moment - nettement plus cher que les modèles classiques, et les infrastructures de recharge sont encore insuffisantes. D'autres sont motivés par leur intérêt économique et social : des dizaines de milliers d’emplois sont en jeu en Europe. Une « clause de revoyure » tranchera le débat en 2026 et autorisera éventuellement la poursuite des moteurs thermiques s'ils utilisent du carburant de synthèse non polluant - une demande allemande pour sauver ses constructeurs de luxe - ou des moteurs hybrides. Autrement dit, nul ne sait si le moteur électrique deviendra une obligation ou pas, et cette non-décision commence à énerver sérieusement certains industriels, à commencer par Carlos Tavares, le directeur général de Stellantis. Luu qui n'a jamais été un grand fan de la stratégie du tout-électrique a fini par se mettre en ordre de marche, contraint et forcé. Ses usines sont prêtes pour la grande transformation, mais il ne donnera pas le feu vert final tant que les politiques n’auront pas tranché”.

Tavares, per la cronaca, è uno che la vede lunga e ricordo gli scetticismi (“produrre auto elettriche è masochismo”) del rimpianto Sergio Marchionne.

Insomma una grande confusione sotto il cielo dell’automobile con i cinesi che rischiano nel settore di mangiarsi l’Europa.