Vedo su X un’infografica di Lorenzo Ruffino sulla vendita dei giornali in Italia, in progressiva diminuzione, con questo fulmineo commento: “Bolzano è la provincia dove si leggono più giornali in Italia. In media si vendono 77 quotidiani ogni mille abitanti contro i 3 di Crotone. Al Nord il Piemonte è l'unica regione con la maggioranza delle province sotto la media italiana”.
La Valle d’Aosta dal colore dell’immagine sembra veleggiare nella parte medio alta della disastrosa classifica con un Sud dove ormai in certe zone neppure si distribuiscono più i quotidiani.
In effetti un’altra infografica, questa volta di Italia Oggi, propone per la Valle dei numeri che riporto. Risulterebbero in media 1730 copie de La Stampa, 350 del Corriere della Sera, 174 de Il Giornale, 152 de La Repubblica, 108 del Sole 24 Ore. Trovo su datamediahub un dato inferiore di due anni fa così espresso: ”È interessante notare come in Valle d’Aosta i cinque quotidiani con la maggior diffusione contino complessivamente, nel giorno medio, 3.811 copie, che stimiamo essere poco più di 2mila copie effettivamente vendute”.
Immagino che non siano calcolati gli abbonamenti elettronici. Queste cifre che riporto, forse perfettibili, sono lo specchio della realtà. I giornali cartacei avevano resistito a radio e televisione, mentre oggi rischiano ormai di capitolare di fronte a due fenomeni: l’informazione sul Web nella sua varietà e - peggio ancora - l’indifferenza di molti rispetto all’informazione.
Ha scritto Giuseppe De Rita: “Negli ultimi decenni, si è lentamente esaurito il legame storico degli italiani con la lettura dei quotidiani: l’alto tasso di scolarizzazione non porta diplomati e laureati a leggere, mentre i meno scolarizzati non sentono più quella spinta a partecipare alla vita collettiva che in passato muoveva alla lettura dei giornali. Il trionfo della soggettività e l’esplosione dell’innovazione tecnologica legata a internet hanno profondamente influito sul mondo della comunicazione: da un lato spingendo i giornali alla continua ricerca delle emozioni individuali, dall’altro moltiplicando a dismisura i meccanismi e i soggetti della comunicazione”. Chi, come me, è nato come giornalista televisivo ed è andato all’esame professionale nel 1982, aveva in testa lo slogan che si studiava, che era più o meno così: la radio nella sua immediatezza lancia la notizia, la televisione la arricchisce con le immagini, il giornale offre un approfondimento con i commenti.
Oggi viene da sorridere: sono i Social a dare la notizia, la radio - almeno in Italia - è più intrattenimento in assenza di una radio informativa a flusso continuo, la Televisione generalista soffre e quella informativa resta ripetitiva e poco efficace, i giornali si connotano sempre più politicamente e cercano note più frivole per attirare i lettori in calo. E il Web offre notizie multiformi e solo chi è consapevole capisce o meno quale sia l’affidabilità delle fonti.
La torta della pubblicità è ripartita in modo che, anche a me che conosco bene il mercato e le sue regole, appare bizzarro, come mostrano certi giornali di moda che sono ormai enormi contenitori pubblicitari con articoli stucchevoli. I giovanissimi, come mio figlio adolescente, crescono con i flash di Tik Tok, diminuiscono la loro soglia di attenzione e sono vittime perfette, nella loro bolla, delle fake news che - come già accennano sull’incertezza delle fonti - sono un’arma letale per influenzare la parte più fragile dell’opinione pubblica.
Si aggiunge, per chi come me sta studiando la materia, l’influenza crescente dell’Intelligenza Artificiale Generativa, che ha potenzialità enormi nella scrittura delle notizie e purtroppo nelle loro manipolazioni. Un settore del digitale in grande movimento e la cui regolamentazione non è per nulla banale e che si sta espandendo in maniera selvaggia e per capirne certi rischi basta leggere la normativa europea da poco varata sulla materia.
Chi appartiene alla mia generazione vive su di una passerella fra passato remoto e futuro prossimo e talvolta si sente una specie da proteggere, come avviene con i panda.