Quando, con il cambio di Governo regionale, mi era stata proposta la delega sul Dipartimento innovazione e agenda digitale, confesso non di non aver avuto titubanze. Già nell’occuparmi delle Partecipate regionali avevo in crociato la strada di INVA società in house della Regione autonoma e di altri soggetti pubblici e dunque, attraverso quel canale, avevo misurato i problemi di quella che oggi chiamiamo transizione digitale.
Certo all’epoca in cui questa società nacque si parlava di “Informatica”, termine ormai caduto in disuso per la semplice considerazione che in 35 anni il mondo è cambiato moltissimo e devo dire che la stessa dizione del Dipartimento citato all’inizio risulta ormai obsoleta.
Pur non avendo competenze tecnologiche e dunque sui dossier devo sudare in molti casi per capirne la portata, almeno dal punto di vista personale e politico credo di aver colto già nella mia esperienza giornalistica e poi nei diversi ruoli elettivi quanto l’evoluzione tecnologica trascini in modo potente gli aspetti economici e sociali.
Ecco perché trovo interessante aver dato gambe a quella definizione presente sempre negli scopi del Dipartimento, vale a dire “agenda digitale”, termine che al momento non ha perso smalto. Per cui, non solo per obblighi di legge, appena ho preso in mano la materia ho ritenuto che questa agenda andasse aggiornata e riscritta, perché l’evoluzione del settore e le sue ricadute sono una tema trasversale che occupa numerosissime dei poteri, delle competenze e delle materie di cui si occupa una Regione autonoma.
Avere per scritto i pensieri sul futuro e congelare in schede apposite quanto si dovrà fare, con la necessaria copertura finanziaria, nel prossimo triennio dà un senso di concretezza importante.
Ci siamo arrivati con discussioni, approfondimenti con esperti interni ed esterni e società player del settore. E’ stato un esercizio istruttivo, che a tratti ti dà le vertigini, pensando allo sviluppo enorme del digitale e i vantaggi che ne possono derivare, senza mai dimenticare il rovescio della medaglia nel bilanciamento sempre necessario fra i pro e i contro.
Ho voluto, non a caso, in premessa un dizionario di un documento che abbiamo chiamato, attenendoci alla realtà, come “Montagna digitale”, perché – anche per il nostro ruolo di capofila nel settore per la Macroregione alpina – è bene che qualunque tecnologia e suoi sviluppi si adoperi questa sia legata ed utile rispetto al territorio alpino in cui viviamo. Con le sue asprezze e le sue difficoltà, come ho ribadito anche al Sottosegretario Alessio Buttie al Direttore generale Angelo Borrelli con cui si è creato un proficuo lavoro di collaborazione anche assieme agli Assessori delle altre Regioni italiane, la zona alpina, di cui la Valle è esempio assoluto, deve poter essere una area test dove sperimentare qualunque novità. Nel dizionario figurano parole, che poi vengono esplicitate nel testo dell’agenda, volutamente sintetica per evitare sbrodolamenti ed essere efficace. Faccio qualche esempio che apre mondi: accessibilità, banda, connessioni. E ancora dati, facilitazione, governance. Per non dire di: learning, nuvole, piattaforme. Mi fermo qui.
Trasformate in mappe attraverso infografiche le parole prendono vita e mostrano l’enormità di connessioni su argomenti che non vivono nell’iperspazio, ma si applicano nella quotidianità per i cittadini, le famiglie, le imprese e l’ambizione è quella di non perdere occasioni. So bene quanto non sia facile: esiste una burocrazia, fatta di procedure e regole da rispettare, che non vanno demonizzate, perché in gran parte elementi di garanzia. Bisogna, tuttavia, fare in modo che non si sprechi il tempo e che le scelte, che spesso impegnano per gli anni successivi, siano sempre oculate ed intelligenti.
Aggiungerei solo che non ci si può ribellare alle novità ed essere ancorati alle proprie abitudini per quanto comodo sia. La parte dell’apprendimento è dunque essenziale e bisogna fare in modo che nessuna si perda per strada.
Decisivo è che il settore pubblico sappia difendere il proprio ruolo in un mondo in cui i grandi protagonisti dell’innovazione digitale - multinazionali potenti e ricche - devono sempre ricordarsi che sopra di loro ci sono le regole della democrazia e la centralità dell’essere umano.