Non sono mai stato da uno psicologo o da uno psicoanalista. Per cui non ho mai avuto una diagnosi su qualche mio eventuale problema.
Tuttavia sono curioso - e qualche libro l’ho letto - su come attorno a noi impattino le nuove tecnologie digitali e si riverberino sui comportamenti personali e collettivi. Si tratta di certo di un’innovazione che è arrivata nelle nostre vite e le ha cambiate.
Leggevo Arthur C. Brooks di The Atlantic nella traduzione proposta da Internazionale.
L’attacco dell’articolo era utile in questi miei pensieri: “Viviamo in un’epoca di ego rumorosi. A partire dalla fine degli anni settanta gli studiosi hanno rilevato un aumento delle persone con una personalità narcisistica, soprattutto tra i giovani adulti. I social hanno amplificato questo tratto, al punto che oggi abbiamo un’intera classe culturale di persone che definiamo “influencer” e che si dedicano a mandare in onda se stesse attraverso le nuove tecnologie”.
Ma constatiamo tutti che è pieno di persone che, a diversi livelli di gravità, non stanno bene. E l’articolo così motiva e mi pare convincente: “L’aumento degli ego smisurati ha coinciso con un calo del benessere: il tasso di depressione negli Stati Uniti ha raggiunto livelli record. Le scienze comportamentali offrono una tesi che potrebbe spiegare ciò a cui stiamo assistendo: il “paradosso della riflessione su se stessi”. Per gli scienziati concentrarsi molto su di sé è un tratto evolutivo, perché offre vantaggi nell’accoppiamento e nella sopravvivenza.
Ma le ricerche hanno anche dimostrato che pensare troppo a se stessi può portare infelicità e disadattamento. A quanto pare abbiamo sviluppato una cultura e una tecnologia che potenziano questo istinto a un livello talmente malsano e innaturale da avere l’effetto paradossale di rovinarci la vita. Non so dove questa triste tendenza porterà la società, ma ci sono cose che si possono fare per proteggere il nostro benessere, senza dover arrivare al punto di trasferirsi in un monastero sull’Himalaya. Il segreto per essere felici in una cultura di ego rumorosi è adottare la strategia opposta: coltivare un quiet ego, un ego equilibrato e tranquillo”.
Passaggio che incuriosisce e che credo risponda a domande che molti di noi hanno posto a se stessi e proprio conto e pure osservando gli altri.
Ancora Brooks: “L’espressione “quiet ego” non l’ho inventata io, è stata introdotta da due psicologi nel 2008. In una ricerca successiva lo definiscono “un’identità concentrata né troppo su se stessa né troppo sugli altri, ossia un’identità che incorpora gli altri senza perdere se stessa”. I ricercatori hanno scoperto che le persone con un ego tranquillo mostrano “un’identità inclusiva” (non pensano solo a se stesse), “un’empatia cognitiva” (vedono le cose da diversi punti di vista), “crescita” (sono convinte di poter migliorare) e “una consapevolezza distaccata” (sono in grado di osservarsi da una certa distanza), quindi l’opposto dell’egocentrismo. In un linguaggio meno tecnico, l’ego tranquillo comporta le virtù della carità, dell’umiltà, della consapevolezza di sé e della speranza. Gli stessi psicologi che hanno coniato l’espressione hanno rilevato in un’altra ricerca come, in media, un ego equilibrato porti a essere più felici: è associato a una migliore stabilità dell’umore, a una maggiore soddisfazione e all’attribuzione di un significato più profondo alla vita. Queste quattro virtù aiutano a stare bene con gli altri, a non prendersi troppo sul serio, a capire e gestire le proprie emozioni e a vedere la possibilità di un futuro migliore”.
Non so sé questa sia la strada, certo è che ci vorrebbe un mix perfetto fra il troppo e il troppo poco. E lo dice l’esperienza di chi, come me, ha avuto l’occasione di conoscere personalità varie, compresi leader politici.
E forse il proseguo dell’articolo illumina la scena: “L’ego tranquillo ha inoltre una funzione protettiva, perché aiuta ad affrontare gli inevitabili problemi della vita, anche quelli grandi. I ricercatori hanno rilevato che questo tipo di ego è associato alla capacità di crescere dopo un’esperienza traumatica. Inoltre è correlato a tratti della personalità come l’estroversione, l’amabilità, la coscienziosità e l’apertura alle esperienze. Nessuno studio ha suggerito che un certo tipo di personalità è incompatibile con un ego equilibrato, con l’eccezione forse della “triade oscura”, ossia una forte presenza di narcisismo, machiavellismo e psicopatia”. Abbandono parte del testo, ma non senza rilevare che proprio le psicopatie - cioè disturbi del comportamento - paiono fiorire e gira un sacco di gente strana.
Per cui il finale dell’articolo crea…tranquillità: “Un pensiero a margine: forse ho archiviato troppo presto l’opzione monastero sull’Himalaya. Una scuola di pensiero elogia i meriti del non avere un ego. Quest’idea è alla base della dottrina dell’anātman nel buddismo: la comprensione che l’io individuale non è che un’illusione del momento. Secondo questa filosofia, ciò che si vede come un io essenziale è in realtà una melodia evanescente e mutevole nel canto della vita, che occupa il suo posto in un coro con tutte le altre melodie.
L’ego tranquillo è un modo meraviglioso per silenziare la cacofonia di un mondo egoista. Non c’è bisogno di arrivare alla concezione buddista dell’assenza di ego, ma è senz’altro possibile godersi la pace, l’armonia e la felicità che un ego equilibrato può procurare”.
Buoni propositi…