Ha scritto Thierry Pech: ”La démocratie est un régime de gouvernement collectif : il faut passer des accords, trouver des consensus, des compromis”.
Ci pensavo l’altra sera guardando « Berlinguer - La grande ambizione» di Andrea Segre, un biopic, ovvero un film biografico, ispirato alla vita reale di una persona famosa o storicamente significativa.
In questo caso, interpretato con verosimiglianza da Elio Germano, è il racconto di cinque anni cruciali della vita di Enrico Berlinguer (1973-1978): dal tentativo di attentato a Sofia al rapimento e assassinio di Aldo Moro. Il film si concentra sul "compromesso storico", il progetto di Berlinguer di avvicinare il PCI alla Democrazia Cristiana per portare il partito al governo in un contesto di Guerra Fredda.
La pellicola esplora sia la vita pubblica che quella privata di Berlinguer, evitando abbastanza l’agiografia e mescolando materiali d’archivio con una narrazione drammatica.
Evitando - perché sarebbe stata una banalizzazione - le sequenze tragiche della morte per un ictus alla fine della campagna elettorale delle Europee del 1984. Una morte improvvisa, a poco più di 60 anni, che fece fare un balzo in avanti al PCI in quelle elezioni e valse all’uomo politico un ricordo indelebile in quelle generazioni.
Nacque in quel tempo il termine “compromesso storico”, come ricorda la Treccani: "Espressione con cui si indica la strategia politica elaborata e sostenuta, tra il 1973 e il 1979, dal Partito comunista italiano, in seguito alla riflessione compiuta dal segretario Enrico Berlinguer sull'esperienza cilena del governo di Unidad Popular di Salvador Allende. Tale strategia si fondava sulla necessità della collaborazione e dell'accordo fra le forze popolari di ispirazione comunista e socialista con quelle di ispirazione cattolico-democratica, al fine di dar vita a uno schieramento politico capace di realizzare un programma di profondo risanamento e rinnovamento della società e dello Stato italiani, sulla base di un consenso di massa tanto ampio da poter resistere ai contraccolpi delle forze più conservatrici.
Essa trovò parziali applicazioni prima nell’astensione del Pci sul governo Andreotti nel 1976-77, quindi nell'esperienza dei Governi di solidarietà nazionale (1978-79), ma l'omicidio di Aldo Moro, principale interlocutore del progetto di Berlinguer, avvenuto proprio all'inizio di tale esperienza (9 maggio 1978), contribuì fortemente al suo fallimento".
Già tempo fa citai quanto scritto sagacemente da Antonella Blanco sulla rivista "Tessere" sulla parola "compromesso": «Dal latino "compromissum" da "compromittĕre", composto di "con-" e "promittĕre, promettere", "obbligarsi insieme"; nel suo significato più generico è un accordo, un impegno reciproco assunto da più persone di procedere a un'azione d'interesse comune. Ma - più puntualmente - il convergere della volontà di due o più persone verso un determinato comportamento nel reciproco interesse implica spesso una transazione, un accomodamento, un compromesso appunto. "Si viene a un compromesso" quando si arriva ad un accordo tra le opposte esigenze di due parti in contrasto per cui ciascuna delle due cede qualche cosa per risolvere la controversia. Da qui si intuisce facilmente l'uso del termine nel linguaggio corrente nel senso di contratto preliminare, soprattutto di compravendita. Meno immediato invece è il viraggio verso la sua accezione negativa: "scendere a compromessi" o "fare un compromesso con la propria coscienza" vuol dire recedere parzialmente dai propri principi; chi "vive di compromessi" si ingegna in espedienti non sempre o non in tutto onesti, mentre "una persona compromessa" è di solito coinvolta in faccende poco pulite; e ancora, ci si trova davanti a qualcosa di irrimediabilmente danneggiato e non più risanabile se "la situazione è ormai compromessa".
Molto spesso e anche di recente ho accettato compromessi, perché di questo si nutra la politica vera e non quella barricadiera, dedicata solo a infiammare il proprio elettorato, dimostrando - spesso fintamente - di essere “duri e puri”.
Ha scritto, tempo fa, Roberto Cataldi: “Senza la disponibilità al "compromesso" si rischia di lasciar prendere forma al suo contrario che, a pensarci bene, è l'incapacità di dialogare, di smussare le spigolature, è il lento, pericoloso, scivolare verso l'integralismo, l'intransigenza, il fanatismo, con tutte le conseguenze che questa deriva può comportare. Il dialogo costruttivo è cosa ben diversa dall'inciucio, dagli accordi occulti, è il dibattito onesto che ci costringe al rigore di una riflessione logica. Purtroppo l'assenza di dialogo è proprio ciò che sta caratterizzando da qualche decennio la politica contemporanea. Persiste un integralismo nelle prese di posizione che si svolge all'insegna del "si vince o si perde", senza mai considerare che tra la tesi e l'antitesi esiste anche la sintesi. Una democrazia fondata sul dialogo costringe a mettersi sempre in discussione e a saper cogliere quel che di giusto può esserci anche nel pensiero altrui”.