Ricordo il mio primo comizio. Era il 1987, mese di maggio. Il voto era fissato per il 14 e 15 giugno. Erano le mie prime elezioni e dunque mi ritrovai a dover parlare in pubblico ad una platea che all’epoca non era di solo supporter – come capita oggi – ma anche di un certo numero di cittadini che seguivano la politica e venivano per essere informati e anche per porre delle domande che potevano persino risultare insidiose.
Il primo comizio – battesimo del fuoco, cui seguirono altri e numerosi appuntamenti - fu nel vecchio cinema, ormai dismesso, di Pont-Saint-Martin con un pubblico amico. Ma, pur venendo dal giornalismo radiotv e dunque avvezzo al microfono, mi ritrovai di fronte a persone in carne ed ossa con un foglio in mano, piuttosto tremebondo.
Rotto il ghiaccio, mi abituai a fare a meno della traccia, convincendomi nel tempo che uno dei segreti per evitare che sui presenti cali un velo di noia è quello di andare a braccio. Una pratica che continuo ed è vero che, nel seguire l’oratore, la sua spontaneità conta moltissimo, perché offre il senso che si conoscono le cose di cui si parla.
Questo forse è il vero segreto: esprimersi, seguendo un filo che è consentito dalla sicurezza di quel che si dice con conoscenza di causa.
Sin da allora, quando le sale si riempivano senza necessità di spinte o di “truppe cammellate” (espressione che indica le persone che ti seguono per amicizia negli incontri politici), mi ero chiesto se la scelta capillare di comizi avesse un senso o fosse da considerarsi come qualcosa ormai fuori dal tempo. La parola comizio deriva dal latino comitium, che era lo spazio – il luogo fisico - nell'antica Roma dove si tenevano le assemblee popolari, cioè i cittadini con diritto di voto e solo maschi!
Con il declino dell'Impero Romano e l'emergere di nuove forme di governo, il concetto di "comitium" come luogo fisico e istituzione specifica scomparve, direi sostituito dalle sale parlamentari o consiliari, che non sono tuttavia la stessa identica cosa.
Tuttavia, il termine ha continuato a essere usato in alcune lingue per indicare un'assemblea o una riunione di carattere politico.
Oggi la parola indica un discorso pubblico tenuto da un politico o da un candidato a un'elezione davanti a una folla di sostenitori con logiche sempre più all’americana che aggiungono elementi di spettacolo a questi meeting (termine usato in francese con un termine anglosassone!).
In queste settimane, con una processione in diverse località della Valle d’Aosta, partecipo ad un certo numero di comizi. Intendiamoci: nulla a che vedere con le elezioni parlamentari, quando – nella logica del sistema uninominale in una circoscrizione elettorale coincidente con l’intera Valle d’Aosta – lo scontro per Camera e Senato vede due soli protagonisti per coalizione e dunque la presenza obbligatoria origina evidenti stress.
Con le Regionali i 35 candidati - per chi raggiunge il numero massimo - si disperdono e l’Union Valdôtaine assicura una presenza ovunque, che è rispetto per le comunità e i territori che presidiano.
Una scelta che è la democrazia di prossimità in un’epoca in cui altri scelgono di non affrontare le persone e i territori.