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18 set 2025

Il futuro e l’avvenire

di Luciano Caveri

Guardare al domani è un obbligo per la politica, anche se non è sempre facile.

Esiste una precisazione interessante del filosofo francese Jacques Derrida, che ha trattato ampiamente la differenza tra "futuro" (le futur) e "avvenire" (l'à-venir). Per Derrida, il futuro è un tempo che è già stato annunciato e programmato, la continuazione di ciò che è già presente. L'avvenire, invece, è l'evento che "sta per venire" e che non è riducibile a nessuna previsione. L'avvenire è l'apertura a ciò che è radicalmente altro, a una sorpresa che sfugge a ogni anticipazione.

Per questo bisogna essere strutturati e pronti e bisogna coltivare la solidità delle istituzioni, anche nella piccola Valle d’Aosta e pure le elezioni- nella scelta possibile fra i diversi schieramenti - finisce per essere una scelta importante. Specie in tempi che non sono facili e le minacce varie creano una cappa di preoccupazione.

Ha scritto, in un suo recente libro, un altro filosofo di origine sudcoreana, Byung-Chul Han: “Il diffuso clima di angoscia soffoca, schiaccia ogni seme della speranza. Insieme all'angoscia si fa strada uno stato d'animo depressivo. Angoscia e risentimento spingono le persone tra le braccia delle destre populiste e alimentano l'odio. La solidarietà, l'amicizia e l'empatia subiscono un'erosione. L'espandersi dell'angoscia e il crescere del risentimento innescano una regressione della società nel suo insieme e, in ultima analisi, mettono in pericolo la democrazia. Nel suo discorso d'addio, il presidente Barack Obama ha messo in risalto, correttamente, questo punto: «Democracy can buckle when we give in to fear» (La democrazia può crollare quando cediamo all'angoscia). Angoscia e democrazia sono incompatibili. La democrazia può progredire in modo sano e forte solo all'interno di un'atmosfera di riconciliazione e di dialogo. Chi assolutizza la sua opinione e non porge ascolto agli altri non è un cittadino”.

Difficile scriverlo in un clima divisivo come le elezioni valdostane che si stanno approssimando, votando sia per la Regione autonoma che per la maggior parte dei Comuni. Eppure bisogna necessariamente guardare alla necessità di evitare di essere travolti da chi pratica l’offendere, l’infangare, il minacciare.

Nessuna pensa che la politica sia un luogo neutro e sterile. Ma trovo che se l’orizzonte che incombe è fatto di nuvoloni scuri che preoccupano, allora la speranza e l’impegno vanno affidati a chi, con serenità e pacatezza, prefigura il domani in modo costruttivo.

Questa logica respinge - anche nella nostra Valle d’Aosta - il processo di polarizzazione nella nostra politica. Mi riferisco a quell’insieme di comportamenti che portano le opinioni e le posizioni ideologiche a divergere in modo sempre più netto, allontanandosi dal centro dello spettro politico e spingendo partiti, leader e cittadini verso gli estremi opposti. In sostanza, si verifica una radicalizzazione del dibattito, dove il compromesso diventa difficile e i gruppi contrapposti si percepiscono come inconciliabili.

Lo diceva con acume Angela Merkel: “La polarizzazione della società è un pericolo per la democrazia. Dobbiamo costruire ponti, non muri.”
Jonathan Haidt, che è uno psicologo attento ai fenomeni di massa aggiunge: ”La polarizzazione non è solo una differenza di opinioni, è una spirale di ostilità che ci rende incapaci di ascoltare”.

In questo, per il futuro e contro gli estremismi che avvelenano il dialogo, l’Union Valdôtaine resta, nella politica valdostana, una scelta rassicurante.

Un’eccezione che alla partitocrazia italiana non è mai piaciuta e ancora oggi è così.