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09 dic 2025

Riscoprire la Noia

di Luciano Caveri

Come riempire la noia di contenuti, per evitare la noia stessa.

Appare un paradosso, ma certe generazioni - compresa la mia - usavano la noia come il motore per fare cose.

C’è stato un periodo della mia vita, nelle calde giornate estive sul mare di Imperia, in cui contribuivo a riempire gli spazi più vuoti d’intesa con gli amici più cari della compagnia.

Capitava anche altrove naturalmente, ma certe noie ferragostane da cancellare significava organizzare il gruppo per dare varietà a questa stagione al culmine per evitare quella ripetitività destinata a far subentrare la noia.

Intendiamoci: esisteva anche la noia individuale e l’appello familiare e forse genetico era quella di essere operosi, trovando occupazioni serie oppure no. Importante era non sprofondare nell’abbraccio della noia

Ecco perché sono stato attirato, come fosse una calamita, da un articolo di Rodrigo Santodomingo, El País, tradotto su Internazionale.

Formidabile l’incipit che smentisce persino la lettura giovanile, pure noiosa, del libro “La Noia” di Alberto Moravia: “Sminuita come simbolo di una vita banale e improduttiva, la noia ha anche i suoi difensori. Per esempio, il filosofo sudcoreano Byung-chul Han, recente vincitore del premio Principessa delle Asturie per la comunicazione e le scienze umane, è convinto che questa sensazione sia “l’apice del rilassamento mentale”. Bertrand Russell, nella Conquista della felicità del 1930, si scagliava contro la febbre dell’intrattenimento perpetuo con un ammonimento finale: “Una generazione che non riesce a tollerare la noia è una generazione di persone piccole” “.

Apriamo una parentesi sulla parola “noia” e le sue origini. La tesi più la ricollega a un'espressione latina che indicava sentimenti negativi e forti.

L'etimo più probabile è il latino tardo inodia o il latino volgare inodiosus (odioso, fastidioso), derivanti dal termine latino odium (odio, avversione). Quindi ben diverso da oggi! Il termine sarebbe poi passato attraverso il provenzale come enoja o noja. Al tempo, non era l’attuale "lieve spiacevolezza" o "monotonia" che intendiamo oggi, ma piuttosto un senso profondo di fastidio, avversione, dolore o pena (in passato persino"terrore").

In sintesi, "noia" anticamente era molto più vicina a concetti come "odio" o "molestia", anziché al moderno "tedio esistenziale".

Possiamo dire, al di là dei molti studi che vengono citati dall’articolo nel proseguo, che oggi svetta come elemento usuale per il contrasto alla noia (o presunto tale) il nostro telefonino.

Scrive Santodomingo: “Il telefono offre un catalogo pressoché infinito di scappatoie: alcune sono significative, ma altre sono semplici distrazioni vuote in cui ci immergiamo senza riflettere, tanto per fare qualcosa. Per James Danckert, quando prendiamo il telefono dovremmo “gestire la noia con intenzionalità, scegliendo anziché essere scelti”. In quel piccolo parallelepipedo di plastica, vetro e metallo entra di tutto, da complessi saggi di metafisica a migliaia di video effimeri. Ros aggiunge che dentro e fuori la sfera digitale, un po’ di “tolleranza al dolore” provocato dalla noia può aiutarci a capire che “la maggior parte degli scenari possibili ci arriva come opzione predeterminata dall’industria dell’intrattenimento di massa”.

L’uso poco consapevole del telefono raggiunge l’apice con lo scrolling infinito a cui ci spingono i social media. Secondo uno studio pubblicato nel 2024, questa frenesia potrebbe paradossalmente incrementare la noia. È un circolo vizioso da manuale: ci annoiamo, ricorriamo a TikTok o a Instagram, ci annoiamo ancora di più, scrolliamo ancora anche se non ha molto senso. “Quando divento cinico”, racconta Elpidorou, “penso che i giganti della tecnologia vogliano mantenerci leggermente annoiati, ma non troppo e non profondamente, perché altrimenti interromperemmo totalmente l’attività online. Per loro l’ideale è che ci annoiamo abbastanza da prestare attenzione verso qualcosa di nuovo” “.

Tesi che considero assai interessante e dimostra quel che ci obbliga ad essere compulsivi.

Quel che è certo è che questo antidoto alla noia, creato dalla dipendenza del telefonino come appendice del nostro corpo, accentua un malanno evidente: una sorta di isolamento che ci allontana dalla socialità.

Siano esemplari due citazioni. Umberto Eco: “Il telefonino ha creato l’illusione di essere sempre connessi, ma in realtà ci ha resi più soli”.

Zygmunt Bauman: “La tecnologia ci offre relazioni “a basso costo”, ma ci toglie il peso – e il valore – dell’incontro reale”.