blog di luciano

Scaglia ancora in prigione

Il blog di Silvio ScagliaCon oggi sono 68 i giorni di galera per Silvio Scaglia, il manager del settore delle nuove tecnologie, mio coetaneo, finito in una complessa inchiesta per questioni fiscali e rientrato di sua volontà dall'estero per mettersi a disposizione della Giustizia.
Si sta sviluppando un movimento d'opinione, grazie anche ad un blog, che dice: non esiste un rischio di fuga (sennò se ne stava all'estero) e neppure di reiterazione del reato o di inquinamento delle prove ( i meccanismi su cui si basano le accuse paiono accertati). E dunque questa prolungata incarcerazione - tutta preventiva e cioè precedente a qualunque livello di condanna - sembra un meccanismo di pressione ingiusto e immotivato e sulla libertà personale è bene essere vigili, perché tutti potrebbero esserne vittime.
Conosco Scaglia e, pur non sapendo con esattezza che cosa gli venga ascritto se non quanto letto sui giornali, sono stupito che lo si tratti peggio di come vengono trattati delinquenti comuni e perciò sottoscrivo gli appelli alla sua scarcerazione.
Non lo faccio perché è un "big" e neppure per la simpatia che ho sempre provato per un "capitano d'industria" che si è cimentato con successo in un campo nuovo come quello - per semplificare - della telefonia mobile e nelle nuove frontiere della fibra ottica (e sentirlo mentre raccontava gli sviluppi futuri era interessante per chi fa politica) e neppure perché è senza dubbio legato ed affezionato alla nostra Valle e in particolare ad Ayas.
Lo faccio perché, superata un certa soglia, l'uso della prigione non è logico e viola anche elementari principi costituzionali che sono nel nostro ordinamento particolarmente forti a tutela di chi è imputato sino a condanna definitiva.
Ciò non ha nulla a che fare con la sua eventuale colpevolezza che, se accertata, non potrà ovviamente prevedere sconti o lasciapassare, perché semmai la celebrità e il ruolo pubblico dovrebbero essere considerati, almeno moralmente, un'aggravante. Ma, intanto, torni a casa.

Il "caso Scajola"

Claudio ScajolaLe vicende casuali della vita fanno sì che conosca bene il Ministro Claudio Scajola. Conosco lui e la sua famiglia sin da bambino, perché essendo mia mamma di Imperia ho passato per più di vent'anni tutte le estati della mia vita nella bella cittadina ligure, diventando per un certo periodo "imperiese d'adozione". Gli Scajola erano vicini di ombrellone, rigorosamente in prima fila, nella meravigliosa "Spiaggia d'Oro" di Porto Maurizio.
Così ho seguito con curiosità la carriera politica di Claudio, più vecchio di me di dieci anni, incontrandolo poi periodicamente nella mia attività politica: da democristiano doc era diventato uno degli uomini di fiducia di Berlusconi. Ricordo, ad esempio, nel marzo del 2002 la sua presenza a nome del Governo - era allora Ministro dell'Interno - alla riapertura del traforo del Monte Bianco e la faccia di certi esponenti di Forza Italia per la familiarità del Ministro con il sottoscritto... L'ultima volta l'ho visto in aereo all'aeroporto di Torino il giorno dello scrutinio delle scorse elezioni regionali.
Già in passato Scajola ha attraversato momenti burrascosi, poi risolti positivamente, ma questa volta il passaggio appare strettissimo, anche perché sono gli stessi giornali vicino al Governo a prendere le distanze e ciò suona assai negativamente per il Ministro dello Sviluppo economico.

La Sindone

Un particolare del volto, in negativo, della SindoneSono sempre stato affascinato e incuriosito dalla Sindone e negli anni ho letto i diversi libri che si sono occupati dei retroscena di questa straordinaria e misteriosissima immagine. Si è scritto di tutto e ci sono i due estremi: da chi è certo che si tratti davvero del lenzuolo che avvolse Gesù a chi parla di un falso medioevale alla stregua di altri oggetti "religiosi".
Mi par di capire che la scelta coraggiosa del Papa, in visita a Torino, chiude le discussioni, descrivendo la Sindone, come ha fatto, quale "icona" e non "reliquia" e ciò è stato autorevolmente commentato sui giornali nelle scorse ore come superamento della diatriba sulla datazione.
In fondo, quel che conta, nella religiosità popolare, è l'immagine di un uomo che ha sofferto come riferimento impressionistico a quel sacrificio del figlio di Dio che è alla base del cristianesimo. Per altro, non sempre ci sarebbe bisogno di verità o certezze storiche o scientifiche, essendo la fede un dono che dovrebbe prescindere da altri elementi se non quelli interiori.
Curioso il legame fra la Sindone e la Valle d'Aosta, apparendo probabile un solo passaggio sul nostro territorio. Infatti in via De Tillier ad Aosta di fronte alla chiesetta sconsacrata di San Grato, è visibile un affresco che raffigura la Sindone con una targa che ricorda il passaggio della reliquia ad Aosta, nel 1578, quando la Sindone venne definitivamente trasferita da Chambéry a Torino.
A ricordare questo passaggio c'è anche, nel castello dei Passerin d'Entrèves a Châtillon, una decorazione sull'arcata di vetro della cappella con l'effigie della Sacra Sindone, poiché il convoglio in marcia verso Torino si sarebbe fermato nel castello.
In vicine vallate piemontesi rivendicano anche quel passaggio, ma non mi inoltro in un terreno che richiederebbe ricerche e competenza.
Certo è che i valdostani a quel passaggio, decisivo per i destini della Sindone, ci tengono!

L'"affare calcio"

Uno scorcio del Camp Nou di BarcellonaNell'ultima plenaria del "Comitato delle Regioni", c'è stato un intervento assai singolare, quello di Michel Platini, presidente "Uefa" e personaggio mitico della "mia" Juventus. Sono andato a salutarlo e mi ha detto - in un simpatico scambio di battute - di conoscere la Valle d'Aosta e di sapere del nostro francese.
Platini ha raccontato all'assemblea del calcio e dello sport in generale con uno stile ricco di intelligenza e di brio, rispondendo poi  con naturalezza a temi anche difficili come i budget eccessivi di certi club, i fenomeni di criminalità legati alle tifoserie violente, la crescente "internazionalizzazione" del calcio che spoglia certe logiche "nazionali".
Pensavo alle sue parole, visitando lo stadio del Barcellona (per fortuna non sono interista...), che è un esempio mirabile di business fra merchandising  incredibile, visite guidate sino a bordo campo, museo multimediale che ti fa rivivere tutta la storia del club calcistico catalano.
L'Italia, dove il calcio resta lo sport nazionale, insegue con fatica certi modelli.

L'importanza della meteo

Il meteo aostano sull'iPhonePer anni alla Camera dei deputati sono stato la "bestia nera" dell'Aeronautica militare, trovando grottesco che in Italia, per ragioni storiche, la meteorologia fosse "militarizzata". Sono state le radio e le televisione private a liberalizzare in parte il mercato e a creare un certo pluralismo delle previsioni, cui si sono aggiunti i sistemi regionali e in Italia spicca l'Emilia-Romagna.
In Valle (lasciando perdere le previsioni dell'Aeronautica trasmesse dalla "Rai" che addirittura dividono la Valle in nord, centro e sud orizzontalmente, che è un caso unico nella geografia) le previsioni della Regione ci azzeccano, anche se non è mai stato elaborato un modello previsionale locale - così mi hanno spiegato degli esperti del settore - che non costerebbe neppure una follia.
Certo è che la meteo è una necessità: personalmente la guardo sull'iPhone nel simpatico applicativo "VdA Turismo", ma soprattutto, smanettando su Internet, quando viaggio per capire che cosa mi aspetta. Ancora di recente, in un breve soggiorno a Venezia e a Barcellona, ho verificato, da turista, la soddisfazione di previsioni che non ci hanno preso. Soddisfazione? Doveva far brutto e invece non è stato malaccio...

Sono solo canzonette...

Un panoramica della piazza durante il concerto del primo maggioIn Italia la maggior parte delle festività sono "feste comandate", cioè feste religiose nelle quali la Chiesa prescrive di non lavorare e di prendere parte alle funzioni religiose.
Il 1° maggio non lo è, trattandosi invece della "Festa dei lavoratori", nata negli Stati Uniti e poi esportata nel resto del mondo con forte ideologizzazione nei Paesi comunisti del tempo che fu.
Oggi in Italia ogni forma "politica" del passato è svanita nel "concertone" di Roma, forma mediatica di relazioni pubbliche (unico caso di unità sindacale per il resto putrefatta) neppure parente alla lontana delle vecchie giornate con comizi e manifestazione sindacale di prammatica.
Peccato che non si "santifichi" la festa - lo dico... laicamente - quando molti giovani sono impiccati alla precarietà e quando la disoccupazione picchia duro. Invece, sono solo canzonette...

Caleidoscopio 4 maggio

I dirigenti degli alpini valdostani in sfilataLa 33esima puntata di "Caleidoscopio", martedì 4 maggio, dopo le 12.30 su "Radio1" negli spazi di "RaiVdA", inizia con il racconto del presidente regionale degli alpini, Remo Gobetto, sull'imminente partecipazione valdostana all'adunata nazionale degli alpini  a Bergamo. Inutile ribadire che ogni sezione dell'ANA Valle d'Aosta sarà presente all'appuntamento, anche se la fine della leva obbligatoria rende l'età media sempre più elevata!
Sarà invece il Soprintendente ai Beni culturali, Roberto Domaine, a parlarci dei castelli, della loro messa in rete e futura valorizzazione con qualche spiegazione in anteprima su di un tema cruciale per il turismo, che ha nell'offerta culturale una grande chance.
Infine con Luisa Vuillermoz, direttrice della "Fondazione Grand-Paradis", ci occuperemo del turismo naturalistico nell'area del Parco nazionale più antico in Italia e dello sforzo che bisogna continuare a fare per presentare questo nostro "gioiello" (a proposito, felicitazioni ad Italo Cerise nominato Commissario straordinario del Parco: finalmente un valdostano!).
Christian Diémoz, infine, si occuperà del libro di Patrizio Vichi, "Dalla morte civile all'oblio".
Dopo questa puntata, per due settimane "Caleidoscopio", cederà il suo spazio alle tribune elettorali per le elezioni comunali.

Brunetta "batte" la Valle d'Aosta

Renato Brunetta title=Nel gennaio del 2009 fui relatore della legge regionale nota come "Brunettina", perché adattava le disposizioni del "decreto Brunetta" alla Valle d'Aosta, bocciata ora sonoramente dalla Corte Costituzionale per incostituzionalità.
Dicevo allora in aula: «a dispetto dei pochi articoli del disegno di legge, siamo di fronte a materie assai sensibili per l'opinione pubblica, come quella dell'assenteismo e del collocamento a riposo nel comparto pubblico. Per questo la Commissione competente ha dedicato molto tempo al provvedimento e effettuato i necessari approfondimenti, fra l'altro con apposite audizioni con il presidente della Regione e con le organizzazione sindacali. (...) Di fronte ad alcuni aspetti relativi alle disposizioni in materia di assenza per malattia e per il collocamento a riposo dei dipendenti, compresa la possibilità di differirlo nel tempo la Giunta regionale ha ritenuto di esercitare le competenze statutarie della nostra Regione autonoma».
Così "saltava" l'obbligatorietà della visita fiscale sin dal primo giorno, che rimaneva facoltativa, mentre il controllo era sempre disposto quando l'assenza fosse continuativa per almeno dieci giorni. Erano poi state modificate le fasce orarie in cui il dipendente doveva restare a casa, meno stringenti del "decreto Brunetta", così come i tagli del trattamento economico, che a livello nazionale investivano i primi dieci giorni, mentre in Valle d'Aosta si limitavano ai primi cinque, così come erano stati differenziati i periodi per godere di prepensionamento.
In Commissione e in aula avevo ammonito sui rischi che, leggendo la giurisprudenza in materia della Corte Costituzionale, la Consulta ci desse torto su ricorso del Governo Berlusconi.
Ed è quanto purtroppo è avvenuto e come autonomista non ne sono certamente lieto sia per la durezza delle motivazioni sia perché, come avevo detto di temere, aver innescato i motivi per giungere a questa sentenza ora ci rende più deboli e rende più forte il centralismo del Ministro Renato Brunetta, che non a caso gongola per la sentenza.

Gli alpini a Bergamo

Gli alpini valdostani durante l'ultima adunataGli alpini valdostani si preparano per l'adunata nazionale di Bergamo. Ogni sezione si è organizzata in proprio, ma poi la sfilata del 9 maggio (in diretta su "RaiTre" domenica mattina) vedrà gli alpini rossoneri sfilare tutti assieme ed è sempre un bello spettacolo e immagino che il prossimo anno a Torino faranno scintille.
Quest'anno c'è un tema che andrebbe ricordato per il suo aspetto simbolico. Sessant'anni fa alpini e chasseurs alpins furono purtroppo avversari sulle nostre montagne a causa della "pugnalata alla schiena" di Benito Mussolini alla Francia che iniziò il 10 giugno del 1940 (quel giorno potrete vedere su "RaiVdA" un bel programma in proposito).
Ora, grazie all'integrazione europea che ha allontanato la guerra dal nostro Continente, nascerà la brigata italo-francese: cinquemila uomini delle due truppe alpine con sede a Torino e a Vars, avendo come modello una già esistente brigata franco-tedesca. Dimostrazione di come queste truppe specializzate abbiano un ruolo crescente nelle azioni internazionali, essendo la guerra in gran parte combattuta nel mondo in zone montane.
Sarebbe interessante sapere se la nostra Università della montagna, la prestigiosa "Scuola Militare Alpina" (così continuerò a chiamarla), sapendo che le caserme verranno rinnovate nell'ambito dell'accordo con la Regione sulla "Testafochi" e lo sarà anche l'eliporto di Pollein, avrà, come dovrebbe avere, un qualche ruolo formativo.
Sarebbe doveroso ed anche intelligente per i terreni addestrativi e il personale qualificato che la Valle offre.

Ciao, Cesco...

Francesco FelesiniPer fortuna in un blog personale c'è spazio anche per piangere gli amici e non solo le persone "famose", sapendo quanto nella vita di ciascuno di noi - nella ragnatela dei rapporti umani - ci siano persone con cui passi tanto tempo e si cementa un'amicizia.
Ricco di umanità, di simpatia, di verve Francesco "Cesco" Felesini di Issogne era un caposaldo del garage della Regione, dove era autista apprezzato da parecchi anni e lo era stato anche negli anni di mia attività da amministratore regionale.
Con i suoi baffi e il pizzo da moschettiere alla D'Artagnan era anche un caposaldo del "Coro Verrès" e se devo immaginarmelo in marcia verso il cielo lo immagino sorridente con la camicia verde della sua corale non alla guida di un'auto, ma a cavalcioni della sua moto, mentre intona con il suo vocione da basso uno dei brani del compianto Pino Cerutti, suo Maestro per molti anni, con cui canterà in Paradiso.

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